Il gip: le due ragazzine «sole, senza una famiglia in grado di aiutarle»
Nove ragazzi, anch’essi in alcuni casi poco più che bambini, ma qualcuno già con precedenti alle spalle e accomunati da un comportamento «brutale», «crudele» e dalla «totale assenza di pietà» nei confronti di due ragazzine indifese, «minacciate e trattate alla mercè di cose». È il branco di Caivano, così come descritto dal gip del tribunale dei minorenni di Napoli, Umberto Lucarelli, che ha disposto per sei minori il trasferimento in un carcere minorile e per un settimo il collocamento in comunità. In carcere, su decisione del gip ordinario, sono finiti anche i due maggiorenni.
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Si è in presenza, scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare, di «fatti gravi e reiterati», commessi con «brutale approfittamento» di vittime «deboli e in tenera età» e «con modalità subdole ai limiti della crudeltà». I nove indagati, secondo il gip, «privi di scrupoli» e dalle personalità «assolutamente inquietanti», erano «convinti di poter soggiogare ancora per chissà quanto tempo» le vittime, «certi che il senso di ‘vergogna’ loro inculcato, attraverso la minaccia di diffondere i video delle violenze o di ‘dirlo al padre’ avrebbe assicurato loro l’impunità».
Nel provvedimento si sottolinea anche «la totale mancanza di pietà» e «il grado di mortificazione imposto alle vittime, cui veniva addirittura imposto in una occasione all’una di assistere al rapporto subito» dalla cuginetta, mentre in un’altra occasione la violenza è stata trasmessa «in diretta» con una videochiamata dallo stupratore, mentre dall’altra parte del telefono gli spettatori ridevano.
Il contesto degradato
Tutto ciò in un contesto di degrado testimoniato dal fatto che alcuni degli indagati, nonostante la giovane età, hanno già dei precedenti e richieste per rinvio a giudizio per reati che vanno dalle molestie alle lesioni, dall’estorsione al porto di coltelli. Uno dei ragazzi, inoltre, si era già reso protagonista di un tentativo di stupro in un centro commerciale ai danni di un’altra ragazzina, ma a causa dell’età non fu imputabile.
Alle spalle famiglie assenti e con problemi con la giustizia: I parenti di quattro degli indagati hanno precedenti «gravi e numerosi, per cui i nuclei familiari – scrive il gip – non danno alcuna garanzia di vigilanza sui minori».
La stessa mancanza di vigilanza, del resto, o meglio «precaria condizione familiare», che ha indotto il tribunale civile a collocare le due bambine in comunità per un processo di recupero che sarà lungo e difficile. Una delle due piccole vittime, scrive il gip, spiegando il perché le ragazzine hanno tenuto nascosto l’inferno che stavano passando, «è sola», non ha «una famiglia o una coppia genitoriale in grado di sostenerla ed accompagnarla nella crescita», ed anche nel caso dell’altra «il punto critico che emerge è sempre una povertà nel contesto e nella famiglia», una situazione che non ha permesso «di riferire gli eventi e di farsi aiutare».
Ma quando la vicenda viene denunciata ai carabinieri le due ragazzine si aprono e il loro racconto «assume un carattere liberatorio». Le due ragazzine «finalmente avevano qualcuno (i magistrati, gli inquirenti, le psicologhe) cui poter raccontare i drammi vissuti che non avevano avuto la forza di riferire nemmeno ai propri genitori, svelando il segreto serbato fino a quel momento».
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