L’ex sindaca Appendino «non ha tenuto in considerazione i rischi connessi»
«Che l’organizzazione della manifestazione fosse stata tragicamente e inesorabilmente condizionata dalla ristrettezza dei tempi e dalla conseguente e imperdonabile approssimazione che connotava le condotte dei singoli, appare chiaramente dimostrato dalle deposizioni rese dai soggetti», che avevano partecipato alla riunione del 26 maggio e «che davano conto della estrema superficialità delle scelte operate» anche dalla designazione dell’ente organizzatore dell’evento.
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È quanto si legge nelle motivazioni della Corte d’Assise di Appello di Torino che lo scorso 23 giugno ha confermato la condanna di Chiara Appendino, ex sindaca del capoluogo piemontese e ora parlamentare M5s, a 1 anno e 6 mesi di carcere per i fatti di piazza San Carlo, quando la sera del 3 giugno 2017, si scatenò il panico tra la folla che seguiva su un maxischermo la finale di Champions League Real Madrid-Juventus.
I giudici avevano confermato anche la condanna a 18 mesi per Paolo Giordana, all’epoca capo di gabinetto della sindaca, e per Maurizio Montagnese, ex presidente dell’agenzia Turismo Torino. Assolto l’allora questore Angelo Sanna, condannato in primo grado, così come l’ex capo di gabinetto della questura Michele Mollo, al quale in primo grado erano stati inflitti due anni. Condannati, infine, il dirigente della questura Alberto Bonzano (un anno e 4 mesi) e Marco Sgarbi, vicecomandante della polizia municipale (un anno e due mesi).
La posizione dell’ex sindaca
Per i giudici le scelte dell’ex sindaca Appendino sono «state frutto di un approccio frettoloso, imprudente, perché non ha tenuto in considerazione i rischi connessi, e negligente, perché non ha vigilato sulla concreta attuazione di tali scelte, trascurando di assicurare il dovuto rilievo anche nella fase di formazione della decisione agli aspetti connessi alla sicurezza. In altri termini, non ha curato il bilanciamento anche di tale interesse, quello di assicurare la pubblica incolumità, che era – non c’è necessità di sottolinearlo – di rango certamente superiore al legittimo interesse dei tifosi della Juventus di condividere la visione della finale di Champions League». Secondo la Corte «era preciso compito della sindaca preservare la tutela dell’integrità fisica delle persone rispetto a tale evento».
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