Governo, Giorgia Meloni serra i ranghi: uniti per la Manovra e le europee

di redazione

Tanti i dossier che aspetteranno la maggioranza alla ripresa

Serrare i ranghi. Marciare uniti, di più. Perché l’autunno non sarà una passeggiata e la manovra un banco di prova ben più impegnativo dello scorso anno, quando il governo aveva la scusante di essersi appena insediato. Giorgia Meloni invita a pranzo a Palazzo Chigi i capigruppo della maggioranza e i vicepremier.

Per chiedere «unità», l’unico modo per superare diffidenze e ostacoli, della burocrazia italiana ed europea, e arrivare al voto per il rinnovo del parlamento a Bruxelles con questo assetto. Davanti a un pranzo light («quasi da ospedale», scherza qualcuno dei partecipanti), la premier coglie l’occasione della pausa estiva alle porte per fare il punto sui dossier che aspetteranno governo e maggioranza alla ripresa.

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E chiede conto delle ultime sbavature che si sono registrate in Parlamento (l’ordine del giorno Fratoianni, che chiedeva una patrimoniale per finanziare le misure contro l’abbandono scolastico, ma anche la questione degli stipendi). Chiede di evitare altri scivoloni, perché gli inciampi non aiutano e soprattutto, non devono accadere durante la sessione di bilancio. Manovra ed europee sono i due appuntamenti dove non si deve fare sbagli per assicurare lunga vita al governo: «Se scavalliamo entrambe – il ragionamento fatto al tavolo – duriamo altri 4 anni». E con un percorso meno accidentato.

Di difficoltà vere, in realtà, finora non ce ne sono state. Anche se il governo più volte si è trovato in minoranza in Parlamento per errori, distrazioni o assenze. In autunno bisognerà stare molto concentrati, anche perché accanto alla legge di Bilancio andrà avanti anche il percorso delle riforme istituzionali – una proposta – questa la deadline indicata – dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Per ora a preoccupare di più è la manovra: nel confronto con Giorgetti, il ministro dell’Economia le ha messo davanti tutte le potenziali incognite.

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E la necessità di scegliere con attenzione le priorità

Poche, pochissime, per dare un messaggio chiaro che per la premier non può che essere concentrato su lavoro, imprese e salari. Certo solo per la conferma del taglio del cuneo così com’è quest’anno servono 10 miliardi, al momento tutti ancora da mettere insieme. Ed è anche per avere qualche eventuale spazio in più che si è fatta la corsa a chiudere la delega fiscale. Alcuni decreti attuativi – soprattutto quelli sulla riscossione – se operativi da gennaio porterebbero un gettito utilissimo a realizzare qualche novità. In campo fiscale, ma non solo.

L’altro scoglio è quello delle elezioni europee. «Dobbiamo crescere tutti, non mi interessa che cresca solo Fdi», il messaggio che la premier ha indirizzato agli alleati. Ma «non dobbiamo farci la guerra» perché sarebbe a discapito del governo, l’appello. Dal passaggio di giugno 2024 dipendono gli assetti europei e forse anche quelli italiani se è vero che qualche big potrebbe essere candidato con l’obiettivo di traslocare a Bruxelles. Una scelta che darebbe il la a quel rimpasto di governo che però viene derubricato come «non all’ordine del giorno».

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