Colpi di scena al ‘Qatargate’: Cozzolino trascorre la notte in cella e il giudice lascia le indagini

di redazione

Il figlio di Claise avrebbe lavorato per uno degli indagati

Un ultimo fermo e poi l’addio alle indagini. Con un doppio colpo di scena, il giudice istruttore Michel Claise firma il suo atto finale nella maxi-inchiesta sul Qatargate. E, dopo le scarcerazioni in successione a maggio dei principali indagati, prima decide di non lasciare scampo all’eurodeputato Andrea Cozzolino, disponendo per lui almeno una notte in cella a Bruxelles. E poi annuncia la sua rinuncia alla guida del caso.

Una decisione improvvisa, arrivata dopo un interrogatorio fiume con il politico italiano, e presa «in via cautelare per consentire alla giustizia di continuare serenamente il suo lavoro». E, stando ai legali del politico campano Dezio Ferraro e Federico Conte, «a seguito delle osservazioni sollevate» proprio dai suoi avvocati nel corso dell’interrogatorio. Rilievi che farebbero emergere un conflitto d’interessi tra la sfera privata e il lavoro del giudice istruttore: stando a fonti qualificate, il figlio di Claise avrebbe lavorato per uno degli indagati.

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Sul lavoro di Claise pesano peraltro mesi di critiche da parte dell’opinione pubblica per le sue maniere forti nel disporre lunghi mesi in carcere per gli indagati, tra i quali anche l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, trattenuta nella prigione di Haren per oltre quattro mesi lontana dalla figlia di due anni.

Cozzolino a Bruxelles

Prima dell’inaspettata uscita di scena, Claise ha atteso l’arrivo a Bruxelles – invocato per mesi con una richiesta di estradizione rimasta lettera morta – dell’eurodeputato Andrea Cozzolino, atterrato da Napoli intorno alle 15, forte della revoca dei domiciliari ottenuta giovedì scorso dopo oltre quattro mesi passati nella sua abitazione campana.

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L’eurodeputato è stato subito portato nei locali della procura federale belga per essere ascoltato dagli inquirenti. Una testimonianza che non ha convinto il magistrato belga, spingendolo a tenere il politico ‘sub iudice’ almeno per una notte.

Trascinato a febbraio nella rete delle indagini della giustizia belga sotto il peso delle rivelazioni dell’ex collega pentito Pier Antonio Panzeri – ritenuto il deus ex machina dello scandalo di corruzione euro-marocchino-qatariota scoppiato a dicembre -, l’11 febbraio scorso Cozzolino era stato posto sotto custodia cautelare a Napoli sotto il peso di tre capi d’accusa per corruzione, riciclaggio e partecipazione a organizzazione criminale.

Nelle confessioni rese da Panzeri, tuttavia, non risultano somme di denaro elargite all’eurodeputato italiano. Bensì una sua generica «azione» per orientare le politiche Ue a favore di Doha e Rabat in modo «indiretto». Dopo l’interrogatorio fiume, durato quasi quattro ore, sono però emersi «alcuni elementi» che «potrebbero sollevare domande sul funzionamento oggettivo dell’indagine», ha fatto sapere la procura. E per questo il magistrato celebre per i suoi romanzi polizieschi ha preferito farsi da parte. A spingerlo a prendere la decisione ci sarebbe anche l’ombra del coinvolgimento professionale del figlio con uno degli indagati.

Una circostanza personale che troverebbe riscontro anche nella nota diramata dalla procura per annunciare la rinuncia di Claise, nella quale viene evidenziata la volontà del giudice di «mantenere una necessaria separazione tra vita privata e famigliare e responsabilità professionali».

Il prosieguo delle attività investigative ed Eva Kaili

A decidere la sorte di Cozzolino, e la possibile richiesta di rinvio a giudizio degli altri sospettati, sarà quindi un altro giudice istruttore. Il politico italiano, dal canto suo ha sempre respinto le accuse, professando la sua innocenza. Anche questa volta, hanno fatto sapere i suoi difensori, «ha risposto a tutte le domande, contestando gli addebiti e ricostruendo nel dettaglio la sua attività parlamentare sui dossier del Marocco e del Qatar». Ora «resterà a disposizione delle autorità per il prosieguo delle attività investigative», che continueranno «con un nuovo interrogatorio davanti alla Polizia giudiziaria» già nelle prossime ore.

E, nel frattempo, a passare al contrattacco è stata anche Eva Kaili, avanzando un ricorso interno per chiedere all’Eurocamera di fare chiarezza sull’uso di software spia da parte dei servizi segreti per sorvegliare la sua attività politica in violazione dell’immunità parlamentare. Ad ascoltarli nel prosieguo delle indagini preliminari però non ci sarà più Claise. Al nuovo giudice il compito di aprire la strada al processo o chiudere il Qatargate.

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