Si voterà per il rinnovo del Consiglio Regionale del Molise e, stando ai sondaggi, Fi sarebbe volata all’11,8%, (+3,5%)
Ossessionati da Silvio. I commenti post mortem su Berlusconi confermano ciò che sapevamo. Ad averci lasciato non è stato un leader qualsiasi, ma uno con le stimmate. Innovatore e, quindi, divisivo. Che ha sempre attirato consensi e dissensi; amici e nemici; amore e odio. Non fra gli italiani che gli hanno sempre dimostrato amore e rispetto, ma fra pm «mani pulite» e «sinistra» (ne hanno, addirittura, contestato il diritto al lutto nazionale e ai funerali di Stato) che non gli hanno mai perdonato di essere «sceso in campo» e avergli strappato dalle mani un’Italia che, dopo tangentopoli sentivano di avere ormai ridotta a «cosa propria».
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Ma se, in occasione dei funerali , i «cacicchi» della Schlein – che per trenta anni non avevano perso occasione per denigrarlo e accusarlo – hanno, ipocritamente, (tant’è che hanno ricominciato subito dopo) finto di riconoscerne i meriti e l’importanza del ruolo rivestito nella «trasmigrazione» dalla prima alla seconda repubblica e la realizzazione del bipolarismo – certa stampa ha chiaramente fatto capire di non avere alcuna intenzione di mollare odi, rancori e pregiudizi, ma semplicemente di voler cambiare obiettivo e scaricarli sui i suoi alleati.
Gli attacchi della stampa
Altrimenti che senso avrebbero la domanda della risorta «Unità» del duo Romeo-Sansonetti: «Ora che destra sarà?» e la risposta che si è data: «Briglia sciolta a Meloni e Salvini. Senza Berlusconi via libera all’ala reazionaria». Per, poi, giocarsi il jolly il giorno dopo: «Meloni lancia l’opa sull’eredità del cav. La destra va verso Le Pen». E le asserzioni de «La Notizia» che «la sua eredità è la peggiore Destra di sempre» o de «il Fatto» «travagliato», che più che a quelli di Berlusconi abbiamo assistito ai «funerali dello Stato». Non avevano, forse, la stessa genesi?
Tanto più che accompagnati da un «lutto parlamentare» per la partecipazione di «Mattarella, Meloni, Schlein & C» e il falso annuncio che «Fi si sfarina tra debiti e guerra di successione» e il declino di «Mediaset va verso la vendita» e che «le tele adorazioni fanno flop». Eppure la partecipazione in massa degli italiani – che nessuno aveva precettato – stanno a dimostrare che democrazia e libertà stanno a Destra, ma «il Fatto» e gli altri da tutt’altra.
Come quei pm che il 21 novembre ‘94 informarono il Corsera, allora diretto da Mieli, dell’indagine «mani pulite» contro il Premier, prima che lo sapesse il diretto interessato, in quel momento, impegnato a Napoli per un summit mondiale sulla criminalità organizzata. Certo, per giustificarsi del lungo silenzio durato ben 39 anni, l’allora direttore si è nascosto dietro la scusante che su quella questione nessuno lo interrogò. E chi avrebbe dovuto farlo, gli informatori? Una toppa peggiore del buco. Se non è stata omertà ci è andata molto vicina.
E quel «Le mani di Meloni sull’eredità politica» di «Repubblica», non era forse la conferma che da «ieri» in avanti faranno di tutto per seminare zizzania fra i leader del centrodestra nella speranza di spaccare la maggioranza, far cadere il governo e sostituirlo con un altro. Tanto per (non) cambiare, di non eletti, che rispondono solo all’establishment?
La lezione di Berlusconi
Per cui, se Meloni, Salvini e Tajani davvero vogliono rendere orgoglioso Berlusconi, i 12mila di piazza Duomo e i 7milioni d’italiani che hanno seguito i funerali attraverso Tv pubbliche e private, dovranno dimostrare di averne appreso appieno la lezione.
Senza farsi irretire dalle menzogne che centrosinistra e stampa del pensiero unico, spargeranno in giro, a pieno «piombo» per metterli l’uno contro l’altro armato, non cullandosi troppo sugli allori pensando di aver già vinto e restando uniti come i tre moschettieri, «uno per tutti, tutti per uno». Tanto più in vista di un appuntamento elettorale, quale quello del 2024, che potrebbe cambiare gli equilibri politici comunitari e le sorti dell’Italia.
Del resto, il primo passo lo hanno già compiuto – nonostante accuse, polemiche e contestazioni strumentali – hanno avviato la riforma della Giustizia, dicendo basta: alla pubblicazione a gogò sulla stampa delle intercettazioni; all’abuso d’ufficio; e «no» all’appello in caso di assoluzione in primo grado. Una riforma sulla quale sono d’accordo mezzo Pd, e i suoi sindaci. Perfino lo «sceriffo» De Luca ha detto «si» a Nordio.
Intanto Fi e il centrodestra senza Berlusconi, sono attesi già al primo test importante. Domenica e lunedì prossimo, infatti, si vota per il rinnovo del Consiglio regionale in Molise. Certo la regione è piccola, ma l’esito di questo voto arrivando proprio a 15 giorno dalla scomparsa di un leader che ha segnato gli ultimi 30 anni della vita del nostro Paese assume un significato notevole. Tanto più che stando ai sondaggi realizzati nella regione al volo dopo la scomparsa di Berlusconi, danno FI in crescita del 3,5 e a quota 11,8% con il centrodestra che supererebbe il 50%.
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