Nel frigorifero «da mangiare c’era veramente poco»
C’erano «due valigie all’ingresso», quando la scientifica è arrivata nell’appartamento di Alessia Pifferi in via Parea a Milano il giorno in cui è stata trovata la figlia Diana, di appena 18 mesi, morta di stenti.
All’interno, vi erano solo «vestiti da donna, almeno 30 abiti da sera». Lo ha testimoniato in aula la dirigente del gabinetto regionale di Polizia scientifica, che lo scorso 20 luglio è intervenuta sul posto per i primi rilievi, dopo la scoperta del corpo. Alessia era appena rientrata da Bergamo, dove aveva trascorso 6 giorni con l’uomo che frequentava. La teste ha poi riferito che il frigorifero era praticamente vuoto, in particolare senza cibo per bambini e nell’abitazione vi erano diversi pannolini usati, sparsi in soggiorno e sul davanzale della finestra.
Il lettino della piccola Diana «era senza lenzuola né cuscino» e la bimba «si vedeva che era stata sciacquata, perché la testa era umida» ha raccontato ancora la dirigente. La teste ha sottolineato che nella lavatrice vi erano dei panni ancora umidi e che la bimba venne trovata su un materasso pulito, con indosso soltanto un vestitino giallo.
All’arrivo della polizia, allertata dagli operatori del 118 che erano stati a loro volta chiamati da una vicina di casa, Alessia «si trovava sul divano, in evidente stato di agitazione», ha poi ricordato l’agente dell’Ufficio di polizia giudiziaria arrivato sul posto quel giorno. «Non c’erano alimenti per la bambina» nella casa. Nel frigorifero «da mangiare c’era veramente poco: Coca Cola, acqua, un piatto di avanzi, una mela e una salsa di pomodoro». Sul mobile della stanza da letto in cui Diana è stata trovata morta «c’era un piccolo biberon, con un residuo di latte».
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