Intanto il clima con i sindacati dei lavoratori è sempre più teso
«Discriminatorio, nullo, illegittimo, ingiustificato, inefficace, arbitrario, irragionevole». Così il soprintendente del teatro San Carlo di Napoli, Stéphane Lissner, definisce l’atto con cui la Fondazione del Massimo partenopeo recepisce il decreto del governo che lo fa cessare – anzitempo – dalle sue funzioni dal primo giugno.
La lettera, riportata oggi dall’edizione napoletana di Repubblica, è stata inviata al Consiglio di indirizzo della Fondazione, presieduto dal sindaco Gaetano Manfredi. Lissner, il cui contratto con il San Carlo scade nel 2025, si riserva ogni azione legale e si prepara anche ad iniziative in sede nazionale qualora il decreto del governo, che le Camere devono convertire in legge entro luglio, non venisse modificato rispetto alla versione attuale. Per il momento comunque Lissner – è scritto nel documento – «disconosce il provvedimento espulsivo e continua a considerarsi, a tutti gli effetti, direttore artistico del San Carlo, ruolo che continuerà a svolgere anche oltre la data del primo giugno».
Il provvedimento è una conseguenza del cosiddetto decreto legge Enti Pubblici che ha unificato l’ordinamento giuridico delle nomine nel settore. In precedenza i dirigenti italiani erano sottoposti al regime di legge che obbliga alla cessazione dei rapporti al compimento dell’età pensionabile. Il governo è intervenuto, con esso per equiparare il limite per gli stranieri al massimo consentito in Italia ovvero a quello previsto per magistrati e accademici. Per quel che riguarda gli stranieri con incarichi nell’ambito dei teatri italiani, dunque, continueranno a dare il loro apporto fino al raggiungimento dell’età prevista di 70 anni. Età che il soprintendente del teatro San Carlo ha già raggiunto e superato.
Da sfondo c’è il clima sempre più teso con i sindacati dei lavoratori del teatro, che hanno indetto uno stato di agitazione a oltranza chiedendo garanzie sul futuro e soprattutto sul mantenimento degli impegni su organico e precari assunti da Lissner. Agitazione che ha portato alla cancellazione del Don Chisciotte in programma domenica sera.