Ciro Caiafa non si era piegato alle logiche criminali del «sistema»
Venne ucciso perché non si era piegato alle logiche criminali del «sistema», definita anche «la paranza dei Quartieri Spagnoli», Ciro Caiafa, padre di Luigi Caiafa, il baby rapinatore 17enne ucciso per legittima difesa il 4 ottobre del 2020. E’ quanto viene sostenuto nell’ordinanza con la quale ieri il gip di Napoli Carla Sarno, su richiesta della Dda, ha disposto 53 misure cautelari notificate all’alba di ieri dai Carabinieri e dalla Squadra Mobile di Napoli.
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Le indagini della Squadra Mobile e dei carabinieri hanno consentito di delineare la struttura criminale dei Quartieri Spagnoli (composta dai tre gruppi facenti capo a Antonio Esposito, Vincenzo Masiello, a suo padre Antonio, e a Eduardo Saltalamacchia) che imponevano ai pusher l’acquisto della droga e il pagamento di una tangente settimanale e che era pronta a punire chi si ribellava.
Il figlio di Ciro Caiafa, Luigi, tentò di rapinare alcuni giovani nel cuore di Napoli insieme con un complice, Ciro De Tommaso, figlio di Genny ‘a Carogna (quest’ultimo protagonista della ‘trattativa’ durante la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina del 2014 caratterizzata dall’uccisione del tifoso Ciro Esposito). Puntò contro l’agente che intervenne una pistola poi rivelatasi un giocattolo privo del tappo rosso. Il poliziotto sparò, per legittima difesa, e lo uccise. La sua posizione è stata archiviata dall’autorità giudiziaria. La storia di Luigi è contrassegnata anche dalla rimozione di un murales abusivo, che lo raffigurava, nei pressi di via dei Tribunali, uno dei decumani del capoluogo partenopeo.
Una piazza di spaccio da 2 milioni
È stata capace di produrre un volume d’affari giornaliero stimato dalla Squadra mobile e dai carabinieri di Napoli tra 4.000 e 4.700 euro – circa due milioni all’anno – la cosiddetta piazza di spaccio «della Sposa» in vico Canale a Taverna Penta, nel Quartieri Spagnoli di Napoli. E’ quanto emerge dalle informative di polizia e carabinieri inserite nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli.
Qualche anno fa la piazza di spaccio «della sposa» si era guadagnata la ribalta delle cronache sul web anche per essere stata erroneamente registrata su Google Maps come un’attività commerciale. A gestire il fiorente smercio della droga è il gruppo malavitoso facente capo a Carmine Furgiero. Le consegne avvenivano attraverso il cosiddetto «posto fisso» (il cliente acquista la sostanza stupefacente in loco) ma anche a domicilio. A tenere sotto controllo l’attività ci sono «sentinelle» a piedi e su scooter, pronte a segnalare l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine.
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