Uccise la madre a Catania: 15enne condannato a 16 anni di reclusione

di Redazione

Il minorenne aveva confessato il delitto

La Corte d’assise d’appello per i minorenni di Catania, accogliendo la richiesta della Procura, ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione del 15enne reo confesso dell’omicidio della madre, Valentina Giunta, di 32 anni, assassinata nella sua abitazione il 25 luglio del 2022. La sentenza di primo grado, che lo aveva riconosciuto colpevole di omicidio aggravato, era stata emessa il 23 gennaio scorso a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato. La famiglia della vittima è stata parte lesa, assistita dall’avvocato Salvo Cannata.

Il difensore dell’imputato, il penalista Francesco Giammona, che aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche, attende il deposito delle motivazioni, previste entro i prossimi 30 giorni, prima di valutare sull’appello alla sentenza. Il minorenne aveva confessato il delitto durante l’udienza per la convalida del suo fermo eseguito il giorno dopo il delitto dalla squadra mobile della Questura che ha indagato sul caso.

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Il Gip, accogliendo la richiesta della procuratrice Carla Santocono, aveva emesso un’ordinanza cautelare. Gravissimi gli elementi indiziari, aveva sottolineato la Procura per i minorenni di Catania, emersi a carico del 15enne dalle indagini della polizia che ricostruivano come l’omicidio «fosse maturato in ambito familiare». Secondo l’accusa il 15enne non avrebbe accettato la decisione della madre di lasciare la casa e di allontanarsi col fratellino più piccolo lontano dal loro quartiere, San Cristoforo, e dalla famiglia dell’ex compagno della donna.

«L’ordinanza del gip – aveva evidenziato la procuratrice Santocono dopo la convalida del fermo – cristallizza la ricostruzione della condotta materiale del giovane che negli ultimi mesi viveva con la nonna paterna essendosi determinato a lasciare la casa della madre nonostante la stessa avesse mantenuto un atteggiamento protettivo verso il figlio, a fronte delle ostilità alimentate dalla famiglia del padre, detenuto da tempo per gravi reati, anche contro la persona».

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