Governo, la ricetta di Giorgia Meloni: più figli e lavoro femminile per rilanciare l’Italia

di Antonella Di Martino

Invertire i trend di demografia e occupazione dell’Italia

Un aumento degli immigrati ridurrebbe il debito, quindi avrebbe «un impatto importante» sui conti pubblici, è scritto nel Def appena varato dal suo governo. Ma Giorgia Meloni va oltre. Bisogna incentivare le famiglie «a mettere al mondo figli», e puntare sulla «grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile», è la sua ricetta per invertire i trend di demografia e occupazione dell’Italia, un Paese con «un problema di tenuta economica e sociale».

La premier indica queste due direttive prima di tuffarsi nei padiglioni del Salone del Mobile di Milano, dove un problema comune agli imprenditori è la difficoltà a reperire manodopera, tappezzieri, materassai, montatori di macchinari, installatori di infissi. Comode sneaker ai piedi («Solo la Santanché ha il coraggio di venire qui con i tacchi…»), mise per sua stessa ammissione «poco istituzionale», la premier gira per circa un’ora fra gli stand, accompagnata anche dalla sorella Arianna.

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Visita gli spazi di tre marchi italiani del design, Poliform, Flexform e Porro e va via prima di quanto previsto dagli organizzatori. Ma non va da Silvio Berlusconi, ricoverato al San Raffaele, lontano qualche chilometro, perché i due hanno concordato che «non è il giorno adatto».

Nel frattempo, da un’ora, a Roma è scoppiata la polemica politica su Francesco Lollobrigida, nel mirino delle opposizioni per la presa di posizione sulla crisi demografica: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica», ha detto del ministro dell’Agricoltura, agitando uno spettro a cui in passato ha fatto riferimento anche Meloni, quando era solo leader di FdI.

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Il premier: «Mattarella sui migranti? Conciliare Ue e interessi nazionali»

A quel punto la premier ha già parlato, prima di tagliare il nastro dell’esposizione alla Fiera di Rho-Pero. Rispondendo anche sul richiamo di Sergio Mattarella all’Europa affinché superi «norme preistoriche» sulla gestione dei flussi migratori.

«È un richiamo all’Europa che tutti comprendiamo – l’osservazione di Meloni -. Bisogna conciliare il tema dell’Europa con la difesa degli interessi nazionali. L’Italia con l’attuale governo sta cercando di farlo nel migliore dei modi. Bisogna cercare delle sinergie perché rafforzare l’interesse nazionale italiano significa anche rafforzare un quadro di autonomia strategica europea».

Una considerazione che vuole essere ‘construens’, da capo di governo che deve andare oltre e vuole spingere l’Ue a essere più rapida nella sua azione. In quest’ottica, per Palazzo Chigi è cruciale il Consiglio europeo di giugno, e ci si attende un vero cambio di passo sulla gestione delle rotte del Mediterraneo. La partita interna è doppia, per l’esecutivo. Da un lato la sfida, anche nel centrodestra, sulla stretta alla protezione speciale per i migranti. Dall’altra la riforma del mercato del lavoro, intrecciata alle pensioni.

L’ammortizzatore sociale

Per Meloni, il lavoro «è l’unico vero ammortizzatore sociale», «per troppi anni si è investito poco sulla natalità» e ci sono «sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano». Poi ci sono i dati Eurostat sulle donne: l’Italia è ultima (assieme alla Grecia) con il 51% di occupate, contro il 64,% della media Ue.

«Portando l’occupazione femminile alla media europea e puntando sulla demografia – è sicura la leader di FdI -, i nostri dati cambierebbero molto». Mentre «ci si accapiglia sul Reddito di cittadinanza», il ragionamento di Meloni, «le aziende dicono che in 4 casi su 10 hanno difficoltà a trovare manodopera qualificata e per posti di lavoro ottimamente retribuiti».

Il governo, ribadisce, non darà sussidi «a chi è in condizione di lavorare», e per le imprese punta sul ‘più assumi, meno paghi’: «Incentivare l’aumento dell’occupazione in rapporto al fatturato» è l’obiettivo della delega fiscale, è tagliando l’Ires, «a patto che il risparmio sia investito in innovazione o nuovi posti di lavoro». Alcune promesse sono tarate sulla platea di imprenditori: una «rivoluzione culturale per mettere al centro il lavoro creativo italiano», la legge quadro in arrivo per difendere i marchi italiani, e una cornice normativa per «una filiera del legno arredo 100% made in Italy». E al made in Italy è dedicato anche il liceo «in dirittura d’arrivo».

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