Coinvolto nell’indagine sui fedelissimi di Messina Denaro
Per i magistrati è stato il trait d’union tra mafia e politica, il collettore dei voti di Cosa nostra nella provincia di Trapani, il regno di Matteo Messina Denaro. Ieri Il tribunale l’ha condannato a 12 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici hanno riqualificato il reato: la Procura infatti gli aveva contestato la partecipazione all’associazione mafiosa. Finisce così il primo atto della storia giudiziaria del’ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello.
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Per lui il pm Gianluca de Leo aveva chiesto la condanna a 20 anni. L’inchiesta che ha condotto al processo è stata coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e ha portato all’arresto di 28 tra boss fedelissimi, fiancheggiatori del padrino di Castelvetrano.
La carriera di Paolo Ruggirello
Cresciuto all’ombra del padre che negli anni ‘60 e ‘70 fu protagonista di una veloce scalata imprenditoriale nel campo dell’edilizia, diventando anche proprietario della Banca Industriale che in breve tempo passò da 3 a 16 sportelli e patron del Trapani calcio, Paolo Ruggirello a metà degli anni Novanta scelse la politica. Passato dal Movimento autonomista dell’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo ad Articolo 4 di Lino Leanza, nel 2015 prese la tessera del Pd. All’Assemblea Regionale è stato eletto deputato per tre legislature.
Nel 2017 si è candidato al Senato, ma non è stato eletto. Accusato di aver cercato il sostegno elettorale della «famiglia mafiosa» di Trapani, di essere stato punto di riferimento delle cosche nella politica regionale, di aver fatto vincere appalti ai clan e di avere incontrato il capomafia Virga in diverse occasioni, Ruggirello ha ammesso che il boss gli chiese, prima delle regionali del 2017, 50mila euro in cambio di 1.000 voti e di aver accettato soltanto per poter interrompere prima possibile la discussione e andarsene.
L’ex deputato dovrà anche risarcire i danni ai Comuni di Campobello di Mazara, paese in cui si nascondeva il boss Matteo Messina Denaro prima dell’arresto, e Castelvetrano, con 5mila euro, il Comune di Paceco e l’Assemblea Regionale Siciliana con 2mila euro, i Comuni di Trapani ed Erice con 3mila euro. L’ex politico è stato condannato inoltre a risarcire 2033 euro in solido con i coimputati anche al Centro Studi Pio La Torre, all’Associazione Antonino Caponnetto, all’Associazione antiracket e antiusura Trapani e 1355 euro a Codici Sicilia e La Verità vive, costituiti parte civile.
Gli altri coimputati
Pene pesanti anche per tre dei suoi coimputati: Antonino Buzzitta (21 anni), Vito Gucciardi (12), e Vito D’Angelo (16), mentre Vito Mannino ha avuto un anno e 8 mesi e l’ex consigliere comunale di Erice, Alessandro Manuguera un anno, pena sospesa. Per quest’ultimo il pubblico ministero aveva chiesto otto anni, ma il reato è stato derubricato da scambio elettorale politico mafioso a corruzione elettorale. Assolti Marcello Pollara e Giuseppe Grignani.
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