I fondamentali economici vanno bene ma muri e distanze crescono
«Ormai, andare a votare è quasi inutile, decide sempre l’Ue». Lo ha scritto al quotidiano «La Verità» un lettore, Enrico Roncallo. Difficile dargli torto. Che un’istituzione decida, è «cosa buona e giusta». Che lo «imponga» con i ricatti, è antidemocratico e irrispettoso dei 27 Paesi membri. Ancor più con l’Italia che in quanto Paese fondatore e contributore netto, meriterebbe ben altro rispetto. Se non di più, almeno quanto, Germania e Francia che, al momento, per stabilità e tasso di crescita stanno peggio di noi.
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Perché allora tanta irriverenza nei nostri confronti? Purtroppo, paghiamo a caro prezzo il fio della nostra totale instabilità politica che dal 2011 al 2022 ci ha visti consegnare le chiavi di palazzo Chigi a ben 7 premier, 6 senza passare dalle urne – con una permanenza di meno di 2 anni a testa, Letta, addirittura, solo 9 mesi – e quello attuale, Meloni, unico eletto dal popolo e in carica dall’ottobre scorso, con una maggioranza parlamentare (oltre il 50% alla Camera come al Senato) tale per cui non dovrebbe avere alcun problema ad arrivare fino al termine della legislatura.
E’ giusto, però, riconoscere, anche che noi italiani, grazie alla sinistra, facciamo pochissimo per meritarcelo questo rispetto. Ce la mettiamo tutta per apparire agli occhi dei nostri soci comunitari – oltreché instabili – anche fragili e aggredibili e facilmente addomesticabili. Sempre gli uni contro gli altri armati, finiamo per affrontare tutte le battaglie con l’Europa sempre in ordine sparso, in inferiorità numerica e farci – e farlo al Paese – male da soli.
E oggi, che – alla luce del risultato elettorale di settembre – la navigazione del governo dovrebbe essere tranquilla, la realtà politica italiana sembra stare ancora peggio di ieri. A «Masanielli», «conticelli», sindacati e cespuglietti vari – non preoccupa che l’assessore alle politiche abitative di Roma Capitale, Zevi, tratti il piano casa con il leader degli occupanti abusivi, Fagiano e – anche se bocciati dagli elettori pretendono di essere loro a decidere cosa debba fare o no il governo.
Riparte l’Italia del no
E poiché Meloni e il centrodestra giustamente non si adeguano a tale pretesa, li inondano di fango, minacciandoli con le solite boutade dell’antifascismo e dell’«opposizione dura a un governo che isola l’Italia rispetto all’Europa». E preda dei grillini hanno ridato fiato alla solita «Italia del no». A tutto.
Al Ponte sullo stretto (investimento Pnrr di 11miliardi e 20.000 posti di lavoro, già inserito nella Ten.T, che l’Ue si è detta disponibile a finanziare per la prima parte); al codice degli appalti richiesta dal Pnrr, ma soprattutto per evitare che la nostra burocrazia continui a macerare oltre 220 miliardi annui in spese inutili; a rigassificatori, trivelle e nucleare (e i 27 impianti già presenti ai confini italiani?); lanciano allarmi sui ritardi del Pnrr (dovuti, per altro, a scelte d’impostazione esecutiva incomplete ereditate del governo Draghi, e già approvate dall’Ue a giugno 2022 e vanno riviste, causa l’aumento dei costi. Sicché la terza rata è slittata di un mese ma non è in discussione).
Ciò dimostra come l’Italia isolata dall’Europa (quella, vera, dei popoli, cui interessa giustizia, libertà e concretezza) sia la loro. Che nonostante la ventennale remissività verso l’Ue (quella che calpesta «per un pugno di euro» – in forza del trattato di Maastricht – Costituzioni e Governi dei Paesi membri, e «impone», ciò che decide.
Anche se si tratta di camuffare desideri privati, in diritti generali, come la condanna dell’Eurosinistra al «no» dell’Italia alla registrazione dei figli delle coppie omogeneitoriali) non sono mai riusciti a conquistarne la fiducia: Tant’è che il governo Pd Gentiloni del 2017 è stato appena condannato per come trattava i profughi. Mentre la Meloni sembra esserci riuscita velocemente. E la conferma arriva dal londinese «Times» «Con lei l’Italia è più credibile all’estero, per il buonsenso dimostrato».
I fondamentali economici
Intanto i dati economici concreti sono positivi: le richieste di rdc sono calate del 65% (paura dei controlli rafforzati?); l’occupazione a gennaio al record storico del 60,8%; l’export aumentato del 18,5%, la bolletta della luce calata del 20% e le pensioni aumentano del 6,3%, il Pil 2023 previsto è del +0,6 (ma sembra essere destinato a crescere ulteriormente). Ed è per questo, probabilmente, che la Meloni e il centrodestra continuano a crescere nei sondaggi, aspettano le elezioni europee dell’anno prossimo. Nella speranza che qualcosa cambi anche in Europa.
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