La coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona e lo ospitavano a pranzo e a cena
Gli ultimi due a finire in carcere con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena sono i vivandieri, Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, marito e moglie che per mesi hanno ospitato Matteo Messina Denaro a pranzo e cena nella loro casa di Campobello di Mazara.
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«Così consentendogli – dicono gli inquirenti – non solo di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico – familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone e infine, ma non per importanza, di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell’ordine». Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato, infatti, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso gli indagati mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero polizia o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione.
Il rapporto di assoluta fedeltà
Un rapporto di fedeltà assoluta legava la coppia al boss che ricambiava con regali di valore: al figlio dei Bonafede, nel 2017, il capomafia fece da padrino della cresima e donò un Rolex da 6300 euro. La spesa fu poi puntualmente annotata da Messina Denaro in un pizzino. Emanuele Bonafede è nipote dello storico capomafia di Campobello di Mazara, Leonardo e cugino di Andrea, il geometra che ha prestato l’identità al padrino di Castelvetrano. Ma molto legata a Messina Denaro era anche la moglie Lorena. Dalle indagini emerge chiaramente che i due avevano una relazione. Gli inquirenti hanno trovato una lettera firmata Diletta, secondo i pm nome in codice di Lanceri, in cui la donna, che sarebbe stata vicina al boss durante tutta la malattia, dichiarava a Messina Denaro il suo amore.
E a incastrare i Bonafede è anche una foto inviata dall’ex primula rossa di Castelvetrano a delle amiche conosciute durante la chemioterapia. Nell’immagine si vede il boss con un sigaro in una mano e nell’altra un bicchiere di cognac, seduto sul divano dell’abitazione dei due che, invece, ai carabinieri, hanno raccontato di conoscere superficialmente Messina Denaro e di aver appreso solo dopo l’arresto la sua vera identità. A lui si sarebbe presentato infatti come Francesco Salsi, medico in pensione. Versione che non convince gli inquirenti che accusano la donna anche di aver fatto da tramite tra il boss e persone a lui care.
La maestra e i pizzini
Come Laura Bonafede, figlia del capomafia di Campobello, in codice chiamata da Messina Denaro «Cugino». Bonafede era in contatto con il padrino attraverso messaggi e lettere. I due si sarebbero incontrati più volte: l’ultima il 14 gennaio, due giorni prima che il Ros mettesse fine alla latitanza del capomafia.
Gli investigatori, partendo da un pizzino di Messina Denaro e da uno scontrino trovato nel covo, sono risaliti alle immagini girate dal sistema di sorveglianza di un supermercato che immortalavano la donna e il ricercato parlare con fare circospetto. I carabinieri di Trapani hanno perquisito la casa della Bonafede, che è una maestra elementare, e anche la scuola dove insegna.
In una delle lettere inviate al capomafia la donna manifestava tutta la gelosia provata verso Lanceri con cui il boss trascorreva molto tempo. E la preoccupazione per le condizioni di salute del padrino. «Ho visto Margot (il nomignolo dato dai due all’Alfa di Messina Denaro ndr) alle 18.56 dal Tramite (Lanceri ndr) – raccontava la figlia del capomafia – , stranamente non mi sono arrabbiato, non sono andato su tutte le furie come di solito mi succede. Mi ha dato parecchio fastidio, questo non lo posso negare. Mi ha dato fastidio non sapere cosa stessi facendo in quel momento, non sapere se eravate soli, se ti saresti fermato ancora a lungo, se … se … se … potrei dire mille se. Ma oggi ho pensato: almeno non si nasconde da Blu. Contorto come pensiero? No, solo che preferisco sapere e non essere preso in giro»
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