Per lo stop alle auto elettriche, l’Europa vuole ricattarci con le concessioni balneari

di Mimmo Della Corte

Le nostre spiagge ingolosiscono le multinazionali. Ma, Schlein, Conte e Landini fanno gli antifascisti

L’automotive ringrazia l’Italia, che è riuscita a far rinviare l’invio allo «scasso» dell’auto a benzina e diesel, ma il Pd, more solito, protesta. La Meloni, riesce a portare a casa dal suo viaggio in India accordi di partenariato strategico su Difesa, energia ed export, la collaborazione alla Cop28 sul clima e l’accordo tra Eni e Abu Dhabi National Oil company per la transizione energetica. Eppure per «giornaloni» e opposizione, la rivoluzione è l’elezione dell’ex sardina Schlein alla segreteria del Pd, con un distacco del +7% su quel Bonaccini che, dopo essere stato eletto presidente della Regione Emilia e Romagna, l’aveva chiamata alla sua destra (anzi, no sinistra). Più di un salto in avanti, sembra un ritorno al passato remoto e ne mette in forse il futuro.

Anche perché arrivata grazie ai voti dei non iscritti (il 22% dei quali elettori del M5S). Il che rende difficilissimo capire quale sarà la strategia politica che questo presunto new deal, dem – per l’arrivo della prima donna di sempre al Nazareno – produrrà. Ma rende chiaro che più di una vittoria, si tratta dell’ennesima sconfitta. E che l’opa del M5S sul Pd che Letta aveva dato per sfumata il 14 febbraio, dopo le regionali laziali e lombarde, si è materializzata due settimane dopo, con le primarie del partito. In misura ancora più pericolosa. Addirittura, rischia di farlo scomparire.

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Fatto è che, è difficilissimo immaginare che qualcosa possa cambiare, con la nuova arrivata. Nel suo discorso di presentazione, a parte: patrimoniale, tasse, ambientalismo, antifascismo, parità di genere e diritti civili, non c’era altro. E alle congratulazioni e all’augurio della premier Meloni ha risposto che sarà «un problema per il governo» (che al governo non mancano, ma servirebbe un’opposizione vera) e subito ha agito di conseguenza.

Il disastro di Crotone e le orde fasciste

Ha attribuito il disastro di Crotone a responsabilità dell’esecutivo e chiesto al ministro Piantedosi di dimettersi. Fingendo di non sapere che se una responsabilità c’è, per quanto successo, è da attribuire al suo amico Giuseppi e al Conte 1 e 2, dell’irrigidimento delle regole d’intervento della Guardia Costiera. Sicché visto il programma ideologico della neo leader Pd, non appaiono casuali: il suo silenzio sul pestaggio ai ragazzi di destra ad opera dello squadrismo rosso bolognese, con 8 indagati, e che la sua prima uscita ufficiale sia stata al corteo antifascista di sabato a Firenze: per «fermare le orde fasciste», dove ha incontrato Conte, la «vecchia ditta» Pci-Pd e Cgil.

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E sempre per lo stesso motivo (ma quando si renderanno conto che gli italiani hanno ben altre preoccupazioni che non il rischio fascista?): a Milano davanti al liceo sono state esposte le immagini di Meloni e del ministro Valditara a testa in giù; mentre a Torino sono tornati in campo gli anarchici a sostegno di Cospito che dopo la decisione della Cassazione di bocciare il suo ricorso contro il 41 bis ha ricominciato a digiunare.

Schlein, Conte e Speranza

Chissà che – rincorrendo il «fascio» che non c’è – durante il corteo antifascista di Firenze, Elly Schlein non si sia ricordata di chiedere a Conte e Speranza, il perché della mancata istituzione – nella fase iniziale del Covid – della zona rossa ad Alzano e Nembro che stando alla Procura di Bergamo avrebbe salvato oltre 4mila vittime. E ora sono entrambi indagati per «epidemia colposa», insieme ad altri 17, fra cui il governatore della Lombardia Fontana e il suo ex assessore al welfare Gallera, il coordinatore del Cts, il presidente dell’Iss e l’ex responsabile lombardo della protezione civile.

E magari anche della revisione dei conti pubblici effettuata dall’Istat, conseguente al cambio d’opinione della Commissione Ue sui crediti d’imposta generati dal superbonus edilizio, che ci hanno spinti ai limiti del default. Originariamente, stimati in 75 miliardi, con possibilità di essere spalmati in 5 anni, sono diventati più di 120 e a rischio – per la possibile cessione dei crediti e lo sconto in fattura – di ulteriore crescita e hanno convinto l’Ue a modificare quella decisione e stabilire che il relativo disavanzo sia imputato, interamente all’anno di sottoscrizione e non spalmato su 5.

Sicché, in forza della rivisitazione contabile, il disavanzo del 2022 dal 5,6% è cresciuto all’8; quello del 2021 dal 7,2% al 9, quello del 2020 dal 9,5% al 9,7. Per cui – secondo i conti Istat su Pil e indebitamento pubblico – i bonus edilizi giallorossi hanno prodotto ben 81 miliardi di deficit extra per il triennio 2020-22.

Per fortuna, grazie al blocco della cessione dei crediti e sconto in fattura, l’indebitamento nel 2023 non dovrebbe subire variazione rispetto al 4,5% del Pil previsto nella Nadef, né varia il pil 2022 che resta del +3,7%. Il danno, però, è fatto, la pressione fiscale nel 2022 è già risalita al 43,5. Purtroppo!

L’ultimo euroricatto

E la von der Leyen mette in campo l’ultimo euroricatto e minaccia di bloccare i 19 miliardi dell’ultima rata di finanziamento in scadenza, se l’Italia non dovesse provvedere a riformare – nei tempi prefissati ovvero entro fine 2023 – le concessioni secondo le direttive europee dettate dalla Bolkestein. Fatto è che le nostre spiagge – in considerazione che tutto lascia prevedere una stagione turistica da record (Demoskopica stima una crescita di presenza del 12,2% sul 2022) – fanno gola alle multinazionali. Che non vedono l’ora di potersene appropriare, per utilizzarle per continuare ad arricchirsi. In nome dell’Europa e a spese degli italiani.

Setaro

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