La mobilità è un asset strategico per il futuro della regione Lazio

di Marco Carmine Foti

Il nuovo Governo regionale dovrà necessariamente approfondire aspetti oggi trascurati

Il piano regionale dei trasporti è stato approvato negli anni scorsi e quello in vigore ne definisce gli obiettivi. La visione al 2040 prevede un sistema stradale che tiene conto di specifici aspetti come la tipologia degli utenti, le tecnologie da impiegare e le procedure da adottare per la sua gestione e manutenzione. Obiettivi orientati ad una visione di lungo periodo e focalizzati alla trasformazione del sistema stradale da «romano-centrico» a «maglia larga».

Come ormai accade da tempo, in troppe realtà regionali il piano trasporti (strumento principe per il governo e lo sviluppo della mobilità in un ambito regionale) viene totalmente disatteso, sia nell’assetto relativo al trasporto privato (leggasi, infrastrutture e servizi stradali) sia nel target specifico del trasporto collettivo (con il TPL a tenere testa).

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Nel caso laziale, il sistema stradale dovrebbe presentare una struttura formata dalla direttrice autostradale Nord – Sud (A1), che nell’area romana si configura sulla bretella autostradale «Fiano – San Cesareo», e da arterie radiali romano – centriche convergenti sul Grande Raccordo Anulare, collettore di flussi di traffico nazionale, regionale e locale. Ma in tutto questo disegno il crescente fenomeno dello «sprawl urbano», dovuto al fenomeno della «città diffusa», ha prodotto una evoluzione esponenziale di traffico e congestione in ambito locale e metropolitano, senza raggiungere alcun obiettivo di performance.

Il rafforzamento del sistema ferroviario dell’Alta Velocità, e la realizzazione di collegamenti trasversali a maglia larga, non hanno portato migliorie al sistema locale, anzi hanno acuito i problemi di collegamento fra i diversi centri urbani, le provincie e Roma.

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Il Trasporto Pubblico Locale automobilistico, modalità primaria per gli spostamenti, oggi non espleta la sua missione «core». Il disegno futuro previsto per il sistema del TPL extraurbano automobilistico è caratterizzato da una prospettiva di servizio pari a 75,5 milioni di bus km annuali (per il 2023), ridotti a 68 milioni, dal 2024 al 2032, grazie all’attuale contratto di servizio stipulato a fine anno (2022). Un sistema di TPL che prevede un’offerta di servizio caratterizzata per direttrice, romano – centrica, verso il resto dei capoluoghi provinciali, un servizio che supera le necessità ed esigenze dei singoli territori e valorizza esclusivamente i collegamenti con la capitale.

Pensare ad un sistema di mobilità regionale che interessi e soddisfi l’intero territorio regionale, a partire dalle province, è possibile, così come è possibile prevedere un programma attuativo che abbia una visione ben precisa per il trasporto pubblico, totalmente intermodale, per consentire all’utente, per qualunque spostamento sistematico od occasionale, di prescindere totalmente dall’uso della propria autovettura, evitando di collocare il proprio collegamento in un insieme di servizi appartenenti invece, oggi, ad una specifica direttrice.

È possibile pensare ad un sistema che abbia come focus l’aspetto cruciale e centrale del coordinamento dei servizi in relazione ai percorsi, agli orari ed alle frequenze tale da permettere più cambi di modalità di trasporto senza incidere negativamente sui tempi di spostamento. Un sistema efficace che prende spunto dalla volontà di rendere tutto il territorio regionale protagonista di una crescita comune, a differenza di quanto oggi accade con la concentrazione degli sforzi (spesa pubblica) verso il sistema complesso di Roma Capitale.

Naturalmente si tratta di un cambio epocale della mobilità che richiede interventi importanti e graduali, ma che trovano una giusta collocazione nella rivisitazione di un Piano Regionale dei Trasporti.

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