Era ai domiciliari per disintossicarsi
E’ tornato in carcere Alberto Genovese, sulla base di un ordine di esecuzione pena, eseguito dalla Squadra mobile e firmato dal pm di Milano Adriana Blasco, dopo la condanna definitiva a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni per aver prima stordito con droghe e poi violentato nel 2020 due modelle, la prima nella residenza Villa Lolita a Ibiza e l’altra nel suo attico milanese Terrazza Sentimento. L’ormai ex imprenditore del web dal luglio 2021 era ai domiciliari in una comunità per disintossicarsi. L’ordine di carcerazione è basato sui reati ‘ostativi’ di violenza sessuale che non consentono in questo caso di scontare la pena ai domiciliari.
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È stato portato nel carcere di Lecco, il più vicino alla comunità. A fine gennaio si era saputo che Genovese, 45 anni e difeso dai legali Luigi Isolabella e Davide Ferrari, aveva deciso di non ricorrere in appello contro la condanna dello scorso settembre, con rito abbreviato, a 8 anni e 4 mesi di reclusione per i due casi di violenza sessuale. E dunque aveva ottenuto lo sconto di un sesto, previsto dalle nuove norme della legge Cartabia, e così la pena è scesa a poco meno di 7 anni.
Le valutazioni della Procura
Ieri è stato eseguito l’ordine di esecuzione pena con carcerazione, perché la Procura ha valutato che i reati per i quali è stato condannato, ovvero violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo (in concorso con l’ex fidanzata nel caso di Ibiza), sono ostativi alla concessione in questo caso della detenzione domiciliare. Elemento questo che è il principale nel provvedimento della Procura e che si somma pure al fatto che il residuo pena che l’ex fondatore di start up digitali, arrestato il 6 novembre 2020, deve scontare, togliendo il ‘pre-sofferto’ (ossia il tempo già passato in custodia cautelare), è di più di 4 anni.
E’ di circa 4 anni e 8 mesi, infatti, ma con l’eventuale concessione della liberazione anticipata potrebbe scendere fino a poco più di 4 anni e 2 mesi. Ora la difesa di Genovese ha di fronte due strade in teoria: ricorrere contro il provvedimento della Procura davanti al giudice dell’esecuzione che ha emesso la sentenza; oppure rivolgersi al Tribunale di Sorveglianza per chiedere che venga concessa una misura alternativa al carcere, ossia che possa tornare comunque ai domiciliari, anche prima che il residuo pena scenda sotto i 4 anni.
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