Consenso tra i 27 per ‘sigillare’ i confini
Un fronte più compatto del previsto a protezione dei confini europei, ma frammentato in molteplici trincee difficili da spostare sugli aiuti di Stato. Poco dietro la ribalta lasciata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, i leader Ue riuniti a Bruxelles portano avanti due battaglie dai contorni contrapposti: quella storica sulla migrazione e quella invece inedita e immediata per rispondere all’offensiva sui sussidi pubblici ‘green’ sferrata da Washington con l’Inflation Reduction Act (Ira). Un duplice confronto iniziato quando la sera era già scesa sull’Europa Building e destinato a tenere banco nei palazzi delle istituzioni Ue nelle settimane a venire.
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Migrazione, Berlino e Parigi portano acqua al mulino di Roma
Sul campo della migrazione i tradizionali schieramenti tra Nord Europa e Mediterraneo sono quasi rivoluzionati aprendo la strada a quella ‘Fortezza Europa’ evocata con richieste più o meno esplicite all’indirizzo di Bruxelles affinché finanzi la costruzione di muri. La sfida migratoria richiede da più parti – a partire dalla premier Giorgia Meloni alla quale fanno eco gli omologhi di Baltici, Malta, Grecia, Polonia e Ungheria – «una risposta europea» con un approccio complessivo che punti in un colpo solo alla protezione dei confini esterni, a una solida politica di rimpatri e a un maggiore dialogo con l’Africa e i Paesi d’origine tutti.
Prospettive davanti alle quali anche Berlino e Parigi portano acqua al mulino di Roma, giocando di sponda con il cancelliere Olaf Scholz che apre a «decisioni comuni» da tradurre «in politiche pratiche già quest’anno», e il presidente francese Emmanuel Macron impegnato a chiedere «coerenza» per «ridurre la pressione» migratoria schermandola alla radice. Istanze condivise che danno forza al progetto, sintetizzata dai premier greco e polacco Kyriakos Mitsotakis e Mateusz Morawiecki, di «sigillare l’Europa» con la costruzione di muri.
E a osteggiare apertamente l’idea ormai resta soltanto l’ultimo baluardo Josep Borrell, l’Alto rappresentante Ue, respingendo la possibilità che la ‘Fortezza Europa’ sia una soluzione e rivendicando la possibilità di chiedere ai Paesi terzi di «riprendersi indietro i migranti irregolari» offrendo però «corridoi di immigrazione regolare» perché il punto non è fermare un fenomeno «antico come l’umanità» ma gestirlo «in un modo umano prima di tutto». E’ invece davanti al muro degli aiuti di Stato per l’industria che l’insolita unità tra i Ventisette torna a sbattere e frantumarsi.
La corsa ai sussidi è impari
Il piano industriale green disegnato dalla Commissione europea per rispondere all’amministrazione Biden tranquillizza soltanto l’accoppiata Berlino-Parigi dai cordoni della borsa larghi. Per tutti gli altri la corsa ai sussidi è impari e la frammentazione del mercato unico è dietro l’angolo. Un rischio davanti al quale Roma, gravata del suo alto debito pubblico, chiede una flessibilità che sia circoscritta con cura solo ad alcuni settori per non falsare la concorrenza europea.
E rilancia con la contropartita di «un fondo sovrano per sostenere le imprese» entro l’estate, ma anche con l’auspicio fatto trapelare a margine dei bilaterali di Giorgia Meloni con gli altri leader di «un collegamento sostanziale» con una riforma favorevole del Patto di stabilità e crescita, connotata almeno dall’introduzione della ‘golden rule’ sugli investimenti verdi. Un altro confronto ancora tutto da consumarsi, in attesa del prossimo faccia a faccia tra i leader Ue a fine marzo.