Il generale Angelosanto: «La rete che lo ha protetto è molto stretta»
«Chi pensa a trattative segrete o addirittura a una consegna concordata umilia gli investigatori e i magistrati che per anni hanno lavorato giorno e notte per catturare Matteo Messina Denaro». Lo dice il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto, comandante del Ros, parlando in un’intervista al Corriere della Sera degli ultimi mesi dell’indagine. Angelosanto risponde che «non è un caso se il procuratore Maurizio De Lucia ha parlato di ‘borghesia mafiosa’. La rete che lo ha protetto è molto stretta».
La pista giusta è stata imboccata «qualche mese fa. Grazie a indagini e intercettazioni sapevamo di quali patologie soffriva Matteo Messina Denaro e abbiamo fatto partire le verifiche. Ci eravamo insospettiti perché in determinati momenti i suoi familiari avevano comportamenti anomali. All’improvviso annullavano impegni già presi, spegnevano i telefoni, diventavano irrintracciabili e dunque abbiamo pensato che questo potesse accadere in occasione di interventi chirurgici o comunque di cure mediche particolari. A quel punto ci siamo concentrati sui database sanitari e siamo andati su obiettivi mirati».
Quando è scattata l’operazione «ero al comando della Legione in attesa della telefonata. Dall’avvio dell’operazione alla cattura sono trascorsi novanta minuti, i più lunghi della mia vita». Ora «è finita la ricerca. La vera indagine comincia adesso e la sua abitazione-covo già individuata è soltanto l’inizio del nuovo lavoro che stiamo già facendo», conclude.
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