Autonomia differenziata. Anche stavolta, la montagna partorirà il topolino?

di Nuccio Carrara*

La sinistra scatena una tempesta in un bicchiere d’acqua

Le elezioni regionali si fanno sempre più vicine e le fibrillazioni politiche non possono mancare. I partiti di opposizione, ancora storditi dalla recente batosta elettorale nazionale, si oppongono in maniera disordinata e poco convinta a qualsiasi iniziativa del governo, che invece si gode, non si sa ancora per quanto, la sua luna di miele.

I problemi quotidiani aggrediscono le tasche degli italiani attraverso l’inflazione, l’aumento delle bollette, del carburante e del costo della vita in generale, a fronte di una stagnazione delle retribuzioni e di una insicurezza sul futuro alimentata dalla stessa precarietà del lavoro e dalle nubi che si addensano sull’intera Europa trascinata in una guerra autolesionista condotta per procura sul martoriato suolo ucraino.

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I politici, sull’onda degli eventi internazionali, ai quali non sanno resistere e non sono in grado di determinarne una direzione favorevole agli interessi nazionali, preferiscono attardarsi su temi ritenuti alla loro portata ma agitati come risolutivi dei destini dell’Italia.

Tra questi, è tornato in prima linea l’annoso problema dell’autonomia regionale differenziata. La Lega la ritiene una sua bandiera storica e attraverso il suo ministro Calderoli, al quale è stato affidato il dicastero degli Affari Regionali, torna a sventolarla sotto forma di una proposta di legge che già divide ancor prima di essere discussa in Consiglio dei ministri e che ne siano chiari i contorni normativi.

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Emiliano dice di non conoscerne il testo, ma la definisce: «un vero atto ostile»

Un personaggio particolarmente, aggressivo come Emiliano, di quelli che hanno promesso di «fare sputare sangue alle destre», presidente delle Regione Puglia, ha le idee così chiare da confessare candidamente di non conoscere cosa davvero contenga la proposta Calderoli, non conosce il testo ma basandosi solo sul marchio d’origine, fa presto a parlare di «un vero e proprio atto ostile».

L’ostilità è da riferirsi alla supposta intenzione del ministro di penalizzare le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord. Non a caso torna di moda un vecchio ritornello fatto proprio dalla sinistra quando sta all’opposizione ed oggi rinverdito da Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e segretario del Pd in pectore: «l’autonomia della destra spacca l’Italia e penalizza il Mezzogiorno».

De Luca, guerriero senza paura e senza macchia

Il presidente della regione Campania De Luca, dopo un primo sbandamento a favore del progetto autonomista, che gli ha fatto meritare i complimenti di Calderoli, ha indossato i soliti panni del guerriero senza paura e senza macchia e, in occasione della cerimonia dei 150 anni del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, ha minacciato di aprire «una guerra politica durissima».

Per onestà intellettuale va subito detto che De Luca ha mostrato di conoscere il contenuto della proposta Calderoli e le sue critiche si sono appuntate su due aspetti sui quali bisognerà riflettere prima che il disegno di legge possa essere definitivamente approvato: il riferimento alla cristallizzazione della spesa storica sostenuta dallo Stato per l’esercizio delle funzioni che verranno delegate alle regioni e la nuova fiscalità che ne dovrà derivare per garantire alle regioni stesse le risorse necessarie per prendere in carico nuove funzioni e nuovi poteri.

I settori più a rischio di sperequazioni sono ritenuti l’istruzione e la sanità, settori che già oggi presentano squilibri evidenti ed inaccettabili tra i diversi territori dello Stato, ancor prima che possano rientrare nella piena competenza regionale.

Anche i comuni rumoreggiano e 170, tra i quasi 8 mila dell’italico stivale, si sono rivolti al Presidente della Repubblica che dovrebbe porre un freno ad un «federalismo calato dall’alto».

In realtà, le regioni che volessero acquisire nuove competenze e nuovi poteri, richiamandosi alle «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» previste dall’art. 116 della Costituzione, non troveranno nulla nel testo, ancora in bozza, di autonomia differenziata che non sia già previsto dalle modifiche costituzionali volute dalla sinistra nel lontano 2001.

La riforma che avrebbe dovuto avvicinare la Lega alla sinistra

Il caos normativo e l’impossibilità di rintracciare chiarezza di funzioni tra Stato e Regioni, nasce da lì, da quella riforma costituzionale che avrebbe dovuto attrarre l’allora Lega di Bossi, fortemente indipendentista, nell’area della sinistra in cambio di un regionalismo fortemente accentuato.

Oggi Calderoli si trova a gestire il lascito di quella riforma costituzionale e certamente cerca di farlo innanzitutto pro domo sua, per le regioni del Nord a guida leghista che pensano di avere diritto ad una maggiore autonomia per il semplice fatto di essere le più ricche.

Le regioni del Sud e soprattutto quelle guidate dalla sinistra cercano di scatenare una tempesta in un bicchiere, come se la proposta Calderoli fosse foriera di chissà quali sciagure. Invece, neppure Calderoli potrà fare peggio di quanto fatto nel 2001 e la sua proposta, in effetti, stando alla bozza ancora suscettibile di modifiche ma non di stravolgimenti sostanziali, descrive le procedure per giungere ad un’autonomia più accentuata per le regioni che, in accordo con lo Stato, ne faranno richiesta.

In astratto, nessuna norma impedisce alle regioni del Sud di potere espandere i propri poteri autonomistici; nei fatti, però, tutti vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca, magari lasciando in capo allo Stato i costi per funzioni che non dovrebbe più svolgere.

Sarebbe meglio, invece, che le regioni economicamente più deboli facessero valere le previsioni dell’art. 119 finalizzate a rimuovere gli squilibri economici e sociali, e gli svantaggi di chi vive nelle isole, attraverso «risorse aggiuntive» e laddove occorrano, «interventi speciali» a favore delle istituzioni territoriali.

Accapigliarsi su di una bozza di cui molti ignorano il contenuto significa attestarsi su posizioni propagandistiche che potranno durare fino a quando si prenderà atto che la montagna avrà partorito il classico topolino. Come ormai avviene da oltre venti anni di convulsioni autonomistiche.

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

Setaro

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