Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse»
Nell’anno 460 dell’Era cristiana, sedeva sul soglio di Pietro Papa Leone I. Erano ormai lontani i tempi della clandestinità e delle persecuzioni contro i cristiani: con l’editto di Galerio del 311 e l’editto di Costantino del 313, detti anche editti di tolleranza, il cristianesimo era stato accettato come religio licita al pari delle altre religioni dell’Impero.
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L’imperatore Teodosio, con l’editto di Tessalonica del 27 febbraio del 380, lo proclamò religione di Stato mettendo fuori legge ogni altra religione e, con successivi decreti, che oggi potremmo chiamare attuativi, inflisse pene severe agli stolti eretici. Fu vietato quindi ogni rito pagano, anche in forma privata, repressa ogni manifestazione di culto non cristiano, introdotto il reato di lesa maestà per coloro che avessero sacrificato agli dei, e persino ai lari divinità domestiche. Fu introdotto il reato di violata religione, fu vietato anche l’uso di accendere fuochi ed utilizzare incenso a fini religiosi, pena la perdita di ogni diritto civile, con sanzioni divine e umane che andavano dalle semplici multe alla pena di morte.
Naturalmente, nacquero tensioni tra pagani e cristiani, che culminarono con devastazione di templi l’uccisione di personalità ritenute scomode e talvolta in vere e proprie stragi. I perseguitati erano diventati persecutori, e persino feroci. Si pensi alla distruzione della Biblioteca Minore di Alessandria (389), ospitata nel Serapeo (tempio di Serapide) che mandò in fumo circa 300 mila rotoli con opere di autori classici; e alla vile uccisione di Ipazia, filosofa, matematica ed astronoma, crudelmente seviziata e uccisa da una folla inferocita di fanatici cristiani aizzati da monaci detti parabolani al servizio del vescovo Cirillo
Il culto del Sole e l’omelia di Papa Leone I
Eppure nel 460 il culto del Sole era ancora vivo nelle coscienze di molti, che avevano abbracciato la fede cristiana ma non avevano perso il ricordo di antichi miti. Così, Papa Leone I, nell’omelia natalizia di quell’anno si lamentava che il culto del dio Sole fosse duro a morire: «È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei».
Il culto del Sole aveva origini molto antiche a Roma e risaliva all’epoca monarchica, probabilmente introdotto da Tito Tazio subito dopo la fondazione della città eterna. Si trattava, però, di una divinità locale, indigena, come si può intendere dal suo appellativo di Sol Ìndiges (Sole Indìgete). Fu l’imperatore Eliogabalo (sul trono dal 218-222) ad introdurre il culto di Helios, che divenne divinità protettrice dell’Impero.
Toccò poi all’imperatore Aureliano (270-275) consacrare il tempio del Sole Invitto il 25 dicembre del 274, e lo stesso giorno fu dedicato alla Natività di Mitra, divinità orientale, figlio del Sole e Sole egli stesso. I cristiani non persero tempo a fare propria la data del 25 dicembre come giorno della nascita di Cristo: il dio Mitra ed il Sol Invictus erano perfettamente assimilabili alla figura di Gesù, la nuova Luce, il nuovo Sole. Nel Vangelo di Giovanni si legge: «La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo». Nello stesso Vangelo Gesù dice: «Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo».
Anche in quello di Luca si fa esplicito riferimento al sole: «Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,ci visiterà un sole che sorge dall’alto…». Ma anche i profeti del Vecchio Testamento offrivano un aggancio sicuro. Malachia: «Sorgerà il Sole di Giustizia con raggi benefici». Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse».
I pagani, il solstizio d’inverno e la data della nascita di Cristo
Per i pagani il Dies Natalis Solis Invicti era legato alla festa del solstizio d’inverno, ad un giorno magico, che dopo avere visto la notte più lunga dell’anno, si apriva al sole in risalita nella sua parabola sotto la volta celeste. Per i cristiani adottare il 25 dicembre come giorno della Natività di Cristo, significava dare un significato diverso ad una festa pagana che non poteva essere soppressa né con gli editti né con persecuzioni.
Il cristianesimo cercò per secoli di individuare la vera data di nascita di Cristo, ma prima di giungere al 25 dicembre si impantanò in una serie di date discordanti, certamente non aiutato dalle informazioni molto scarne dei Vangeli. Luca racconta che quando nacque Gesù c’erano dei pastori che vegliavano di notte sulle loro greggi e ciò ha fatto pensare ai mesi caldi dell’anno, ad un periodo compreso tra marzo e settembre.
Diverse furono le date proposte per il Natale: il 28 marzo, il 23 aprile, il 20 maggio ed altre ancora. Clemente Alessandrino (150-215) concluse che attardarsi a cercare la data di nascita di Gesù fosse una «curiosità troppo spinta».
Gli studi del terzo millennio
Agli inizi del terzo millennio, un professore israeliano dell’Università Ebraica di Gerusalemme, Shemarjahu Salmon, studiando i manoscritti di Qumram provò a trovare la data certa della nascita di Gesù. Attingendo al Vangelo di Luca, notò che a Zaccaria, sposo di Elisabetta, cugina di Maria, mentre «officiava davanti al Signore nel turno della sua classe» nella qualità di appartenente alla classe di Abia, comparve l’arcangelo Gabriele per comunicargli che sua moglie avrebbe avuto un figlio al quale sarebbe stato dato il nome di Giovanni. Il concepimento avvenne il giorno dopo, al rientro a casa alla fine del suo turno: era il mese di settembre, ricavato proprio dai manoscritti di Qumram.
Sei mesi dopo, il 25 marzo, secondo la tradizione, sarebbe stata annunciata a Maria il concepimento di Gesù e nel successivo mese di giugno, tre mesi dopo, sarebbe nato Giovanni. Ecco quindi che, dopo nove mesi dal giorno dell’Annunciazione, nasce Gesù, giusto il 25 dicembre. Uno sforzo, quello di Salmon che, in linea con la tradizione ebraica successivamente mutuata dal cristianesimo, cerca di seguire un percorso storico oggettivo per gli avvenimenti divini; il paganesimo, invece, agisce nella dimensione del mito, che per sua natura è a-razionale e a-temporale.
Il ceppo di Natale
Non deve stupire quindi che ancora oggi, quando ci si pone di fronte al ceppo di natale che arde nella notte santa, non ci si trova di fronte ad una ricorrenza, come avviene per le feste dei santi, ma di fronte alla riattualizzazione, come direbbe Mircea Eliade, di un evento mitico. Attraverso la luce e il crepitio della fiamma che sfavilla verso l’alto, si coglie il soffio divino della vita che non smette mai di rigenerarsi attraverso gli eterni cicli dell’essere.
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali
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