L’inchiesta risale alle prime fasi della ricostruzione a giugno 2014
Il tribunale dell’Aquila ha condannato i fratelli Domenico e Cipriano Di Tella alla pena di 7 anni e 4 mesi di reclusione, al pagamento di 18mila euro di multa, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, responsabili di «un consolidato sistema di sfruttamento di operai del casertano» nei cantieri della ricostruzione post sisma dell’Aquila. Il padre dei due imputati, accusato degli stessi reati, è morto nel corso del processo.
L’inchiesta risale alle prime fasi della ricostruzione, giugno 2014, quando le indagini avrebbero portato alla luce, secondo quanto riferito dalla Procura dell’Aquila in una nota, «un consolidato sistema di sfruttamento di operai per lo più casertani, segnatamente provenienti da Casapesenna, il paese del capo clan Michele Zagaria». Gli operai campani, «reclutati nei paesi ad alta intensità camorristica tra le persone in maggior stato di bisogno», sarebbero stati condotti al lavoro nei cantieri della ricostruzione aquilana dove avrebbero operato formalmente sia ditte degli stessi Di Tella che ditte aquilane.
«In tutti questi cantieri – spiega infine la Procura – vigeva un singolare sistema di sfruttamento e soggezione a danno dei lavoratori, ai quali veniva accreditata la regolare retribuzione risultante dalla busta paga e conforme ai contratti collettivi. Tuttavia, subito dopo il pagamento, gli operai erano costretti, con la minaccia del licenziamento, a restituire gran parte dell’importo ai Di Tella, con consegne di denaro in contanti a volte ottenute anche accompagnando l’operaio presso lo sportello del bancomat per garantirsi la restituzione della somma subito dopo l’accreditamento».
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