Armi all’Ucraina, scacco matto di Giorgia Meloni: passa la mozione della maggioranza

di Redazione

Affondata la proposta del M5S, Giuseppe Conte costretto a «ingoiare il rospo»

Giorgia Meloni supera lo scoglio politico dell’invio delle armi in Ucraina: al termine dei lavori di Montecitorio riesce non solo a blindare la sua maggioranza, ma, dividendo di fatto l’opposizione, spiana la strada al decreto sulla proroga che dovrebbe arrivare nelle prossime ore al Consiglio dei ministri. E’ stata questa la strategia del centrodestra nella giornata parlamentare di ieri, al termine della quale, con un gioco di astensioni incrociate, sono passate infatti ben tre mozioni, non solo quella della maggioranza, ma anche quelle dei dem e di Iv-Azione. Bocciati invece i testi promossi dai Cinque Stelle e dei Verdi-Sinistra Italiana.

Durissima la reazione del leader M5s Giuseppe Conte, il cui documento non viene votato da Pd e Terzo polo: «La maggioranza di governo – attacca l’ex premier – cala la maschera e mostra il suo vero volto agli italiani». Per Giuseppe Conte, approvando «una mozione a favore della corsa al riarmo e dell’aumento delle spese militari», il governo «ingrassa la lobby delle armi».

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Deluso anche Nicola Fratoianni: «Ringraziamo i deputati e le deputate che hanno votato a favore della mozione di Verdi e Sinistra sul conflitto in Ucraina, raggiungendo quota 54. Avremmo votato a favore anche di mozioni di altri gruppi parlamentari – aggiunge il leader di Sinistra Italiana – su cui pure abbiamo registrato passi avanti, se queste avessero contemplato l’impegno allo stop di invio di altre armi all’Ucraina, ma purtroppo solo la nostra aveva parole chiare su questo». Di contro, il documento del centrodestra specifica invece che il governo s’impegna a continuare a fornire armi e materiali a Kiev per difendersi dall’aggressione da parte della Russia.

Le mozioni di Pd e di Iv-Azione

Parti del documento del centrodestra sono state votate anche da pezzi dell’opposizione, e passano, appunto, con un gioco di astensioni reciproche, anche le mozioni del Pd e di Iv-Azione, su cui il governo si era rimesso all’Aula e che sostanzialmente si inseriscono nella linea della prosecuzione degli aiuti militari a Zelensky.

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Tuttavia, nel Pd l’intesa non è così granitica: piccole spaccature si sono manifestate con delle assenze in alcune delle votazioni dei documenti, come quelle di Ely Schlein, si racconta, certificate in certi voti dai tabulati.

Ad ogni modo, il testo di maggioranza impegna il governo a prorogare fino al 2023 l’autorizzazione, previo atto di indirizzo delle Camere, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina, ma punta anche a «promuovere e sostenere tutte le iniziative diplomatiche volte a creare le condizioni per un negoziato di pace», a «promuovere il rilancio dell’Onu», a «limitare gli effetti della crisi umanitaria in atto» e «contribuire alla tenuta degli accordi in materia di sicurezza alimentare».

Ma è l’impegno per il governo a «conseguire l’obiettivo di una spesa per la difesa pari al 2 per cento del prodotto interno lordo entro il 2028» (un impegno concordato con la Nato) quello che proprio non va giù a Giuseppe Conte. A suo giudizio si tratta di una scelta fuori luogo tenuto conto della crisi economica in corso.

La sua mozione puntava invece a impegnare il governo «a voler illustrare preventivamente alle Aule parlamentari l’indirizzo politico sul conflitto Russia-Ucraina, compreso quello concernente l’eventuale invio di forniture militari». Ma viene «affondata» dal voto dell’Aula. Infine, da segnalare che le mozioni di Pd e Terzo Polo, puntano a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine con «tutte le forme di assistenza necessarie» assicurando a Kiev «il diritto all’autodifesa».

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