I flussi migratori incontrollati sono il frutto di una civiltà malata nell’economia e nello spirito e che va ripensata dalle fondamenta
Con il ritorno al governo della coalizione di centrodestra, per di più con il baricentro spostato decisamente a destra rispetto al passato, non poteva mancare la canea urlante delle opposizioni sconfitte alle elezioni, ma sempre più convinte di stare, come sempre, dalla parte giusta ancorché non coincidente con quella dell’elettorato.
Com’era prevedibile, un argomento tornato di estrema attualità come quello dell’immigrazione clandestina ha infuocato gli animi dei buonisti a gettone, incuranti dello sporco gioco d’affari tra, spregiudicati trafficanti di esseri umani, naufraghi da salvare ancor prima di naufragare, scafisti, affaristi, schiavisti e criminali dichiarati.
Tralasciando gli aspetti legali, che vedono contrapposti eminenti giuristi, come Giovanni Maria Flick che sostiene la incostituzionalità dei provvedimenti governativi finalizzati a scoraggiare l’immigrazione clandestina, e Sabino Cassese che sostiene l’esatto opposto, tralasciando anche le implicazioni politiche internazionali, può tornare di qualche utilità astrarsi dalle polemiche quotidiane per cercare di capire il fenomeno immigrazionista partendo da qualche sguardo sul passato.
L’aristocrazia del futuro
Agli inizi del secolo scorso, quando le migrazioni dall’Asia e dall’Africa erano pressoché inesistenti, un autore annoverato tra i padri dell’Unione Europea, anche se non partecipò direttamente alla sua creazione, da vero visionario qual era, si lasciò andare a profezie che oggi sono in parte avverate ed altre in corso di avveramento.
Stiamo parlando del conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, un aristocratico nato a Tokio nel 1874 da un diplomatico austro-ungarico, che nella capitale giapponese prestava servizio ed era sposato con una giapponese discendente da una famiglia samurai.
Un buon punto di partenza per un rampollo che avrebbe fatto della mescolanza delle razze un punto forte della sua filosofia, e l’avere sposato una ricca ebrea costituì prova e inveramento del suo ideale di «aristocrazia del futuro», che avrebbe dovuto nascere dall’incontro tra soggetti della «nazione ebraica» e i discendenti dell’antica nobiltà feudale.
Nel 1922 fondò l’Unione Paneuropea, un movimento finanziato da famosi banchieri e industriali (Rothschild, Warburg, Bosch), che progettava la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa attraverso progressive cessioni di sovranità da parte delle nazioni europee. Molto del lavoro intrapreso è stato portato a termine con la creazione dell’Unione Europea, ma resta ancora qualcosa da fare per cancellare definitivamente le identità dei popoli europei.
La citazione più controversa che lo riguarda è rintracciabile nel suo primo libro, del 1922, Aristocrazia, il cui contenuto è confluito nel successivo, Idealismo pratico, del 1933: «L’uomo del futuro remoto sarà meticcio (Mischling). Le razze e le caste di oggi saranno le vittime del superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza eurasiatica-negroide del futuro (eurasisch-negroide Zukunftsrasse), simile nell’aspetto alla razza degli antichi Egizi, sostituirà la pluralità dei popoli con una molteplicità di personalità».
Cittadino e profugo
Come Europei non rassomigliamo ancora agli antichi Egizi, ma l’Unione Europea sembra determinata a realizzare il sogno di Kalergi e bolla come disumano qualsiasi tentativo di porre un freno all’immigrazione clandestina di massa.
La cultura progressista, sulla scia del pensatore austriaco, non vede di buon occhio la difesa dei confini, e così ai nostri giorni il filosofo Giorgio Agamben pensa che «la sopravvivenza politica degli uomini» potrà realizzarsi «Solo in una terra in cui gli spazi degli Stati saranno stati in questo modo traforati e topologicamente deformati e in cui il cittadino avrà saputo riconoscere il rifugiato che egli stesso è…». Fine della distinzione tra cittadino e profugo.
La ben più modesta Laura Boldrini non ha mancato di deliziarci con la sua idea di globalizzazione capitalistica ponendo accanto alla libera circolazione dei capitali e delle merci anche la libera circolazione degli uomini, in una sorta di par condicio tra uomini e cose che si conclude con una perla di rara bellezza: «I migranti oggi sono l’elemento umano, l’avanguardia di questa globalizzazione e ci offrono uno stile di vita che presto sarà diffuso per tutti noi».
Come si vede, il razzismo capovolto prefigurato da Kalergi ha fatto strada, ma c’è dell’altro. La bassa natalità dei paesi maggiormente sviluppati ha dato l’estro all’ONU per elaborare nel marzo 2000 un rapporto che prevede, fino al 2050, quella che viene chiamata senza infingimenti Migrazione Sostitutiva. Lo scopo dichiarato sarebbe quello di porre fine all’invecchiamento demografico e per l’Italia si ritiene necessaria un’accoglienza di 15 milioni di migranti per mantenere stabile il numero di abitanti e di circa 20 milioni per mantenere stabile la popolazione in età lavorativa. Dopo di che esisteranno ancora gli italiani con la loro storia la loro cultura e le loro tradizioni?
L’emigrazione e il clima
Inoltre, portare così tanti immigrati in un Paese in evidente declino economico e con sei milioni di poveri assoluti, appare oggi un’assurdità, ma c’è chi ha trovato una nuova ragione per rendere ineluttabile l’invasione di clandestini e persino il Presidente della Repubblica l’ha fatta propria: «Le migrazioni derivano dal cambiamento climatico» (sic!).
Dovremmo dedurne che se gli africani cercano refrigerio in Italia e in Europa, noi dovremmo difenderci dal caldo migrando verso i paesi nordici. Senza badare al fatto che trasferire oltre un miliardo di persone dal loro continente al nostro potrebbe crearci qualche problema di spazio.
Ma, tornando seri, forse è il caso di prendere spunto da alcune riflessioni di Carlo Marx laddove sostiene che «Alla produzione capitalistica non basta affatto la quantità di lavoro disponibile che l’incremento naturale della popolazione fornisce … essa ha bisogno di un esercito industriale di riserva». Gli immigrati sono appunto l’esercito industriale di riserva che scoraggia gli incrementi salariali contribuendo a tenere basso il costo del lavoro e a rendere più ampio il margine di profitto delle grandi industrie e delle multinazionali. In altri termini, il capitalismo, ormai divenuto religione universale nonché feticcio dell’Unione Europea ultra liberista e ultra immigrazionista, è il vero motore che spinge i barconi di disperati in cerca di fortuna.
I flussi migratori incontrollati sono il frutto di una civiltà malata nell’economia e nello spirito e che va ripensata dalle fondamenta. Le osservazioni a riguardo del filosofo Alain de Benoist, fondatore del movimento culturale Nouvelle Droite (Nuova Destra), sono chiarificatrici: «Chi critica il capitalismo approvando l’immigrazione, di cui la classe operaia è la prima vittima, farebbe meglio a tacere. Chi critica l’immigrazione restando muto sul capitalismo, dovrebbe fare altrettanto».
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali
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