A Montecitorio è il giorno della fiducia
Un governo «fortemente politico». Che ha l’ambizione di durare per 5 anni. Giorgia Meloni trascorre la vigilia del voto di fiducia lontana da Palazzo Chigi, a preparare il suo «manifesto programmatico» al riparo da taccuini e telecamere. Dopo la cerimonia della campanella con Mario Draghi e l’esordio internazionale col faccia a faccia con Emmanuel Macron, ora, è consapevole, è il momento di mostrare «come dare seguito concreto e attuazione agli impegni».
E’ il momento delle scelte, e a guidarle, rivendicherà, sarà unicamente quella «difesa degli interessi degli italiani» che è stata la cifra della campagna elettorale che l’ha portata a essere la prima donna a capo dell’esecutivo. L’appuntamento è alle 11 a Montecitorio: il presidente del Consiglio, come prefersisce farsi chiamare, si presenterà alla prima vera prova in Parlamento, dove può comunque contare su una maggioranza solida.
E farà un discorso «di ampio respiro», che toccherà tutte le questioni fondamentali, la condanna della Russia per la guerra in Ucraina, i rapporti con l’Europa, le ricette economiche anticrisi. Ma anche il tema delle donne e quello che significherà declinare al femminile un potere detenuto fino a oggi solo da uomini sarà un passaggio cruciale di un discorso che dovrà indicare come coniugare quella discontinuità rivendicata anche nella denominazione di ministeri chiave – la sicurezza energetica, la sovranità alimentare, la natalità, il merito, il made in Italy – con la continuità che inevitabilmente andrà portata avanti su alcuni dossier.
E non tralascerà un passaggio sui «diritti», questione tornata sotto i riflettori proprio dopo l’incontro con Macron. La postura internazionale dell’Italia, come ha ribadito più volte, resterà saldamente ancorata all’asse euro-atlantico. E non ci saranno passi indietro sul sostegno all’Ucraina, anche con altre armi, se necessario.
Ma la partita più complicata, e urgente, resta quello del gas. Lì sarà difficile discostarsi dal percorso tratteggiato da Mario Draghi e dal suo ministro Roberto Cingolani, che resta come advisor del governo di centrodestra. Meloni difenderà questa scelta che ha sollevato perplessità, non solo tra le opposizioni. Ma marcherà, probabilmente, una distanza sul fronte della produzione e degli approvvigionamenti.
A Bruxelles, però, non si potrà che continuare a battersi per ottenere il tetto al prezzo del gas (che per la prima volta scende sotto i 100 euro dopo l’intesa politica della scorsa settimana) e per ottenere quella solidarietà mostrata ai tempi del Covid per avere risorse per proteggere cittadini e imprese dai rincari.
Un nuovo decreto bollette sarà probabilmente il primo impegno concreto del nuovo governo che subito dopo dovrà affrontare la scrittura della prima manovra, in tempi record. Senza la pretesa di fare «tutto e subito», a maggior ragione che quello che ha in mente è l’orizzonte dell’intera legislatura. E senza mettere a rischio i conti, concetto che ha condiviso anche nell’ora e mezza trascorsa con Draghi per il passaggio di consegne.
La premier non nasconderà le difficoltà che si profilano all’orizzonte, tra l’inflazione che continua a correre e gli esiti sempre incerti della guerra, ma assicurerà il «massimo impegno», suo e dei suoi ministri, per evitare che il Paese, dopo la crisi sanitaria e quella energetica, ripiombi anche in una crisi economica. Bruxelles sarà comunque una delle prime tappe di Meloni per accreditare il nuovo esecutivo. Ma l’intenzione è quella sì di «collaborare» ma sempre con la stella polare dell’interesse nazionale, dalla difesa dell’apparto produttivo e dell’italianità dei prodotti che rendono il nostro Paese famoso, e forte, nel mondo.
Il momento, ripeterà, è quello della responsabilità. Un appello che probabilmente rilancerà anche nei confronti delle opposizioni, per affrontare insieme le sfide più insidiose, con lealtà e dialogo ma nel rispetto dei ruoli. L’atteggiamento, insomma, che ha tenuto Fratelli d’Italia nei 20 mesi del governo di unità nazionale, ricorderà il premier.
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