Ribadisce come l’Islam non sia affatto una religione di pace, amore ed uguaglianza
Un’inchiesta di «le Monde», un giornale che non può certamente considerarsi di pretta propaganda radicale, ha analizzato lo schiavismo moderno. Una vera piaga nel campo del rispetto dei diritti umani perché, secondo l’inchiesta, migliaia di persone provenienti dall’Africa vengono sfruttate dai loro stessi compatrioti e destinate a lavori usuranti, i loro documenti vengono confiscati e ricevono anche pesanti minacce di morte.
Ma come può essere possibile questa recrudescenza di uno schiavismo fatto dagli africani verso gli africani dal momento che abbiamo sempre pensato che lo schiavismo fosse un affare dei Bianchi e che, dalla sua abolizione in tutti i paesi occidentali, ormai questi bianchi cattivi, responsabili di tutto il male del mondo – ad eccezione delle eruzioni vulcaniche, dei terremoti e delle invasioni delle cavallette – hanno imparato a fare da soli, o al massimo hanno affidato alle apparecchiature tecnologiche, tutti i lavori più pesanti?
L’inchiesta del citato «le Monde», con la sua attitudine eroica al giornalismo d’inchiesta, lancia un allarme: gli schiavi in questione sono portati dall’Africa nei paesi arabi, dal Libano al Quatar, ai ricchissimi paesi del Golfo e vengono umiliati dai loro stessi compatrioti, anche loro correligionari, perché africani ed arabi hanno in comune l’appartenenza alla stessa “oumma”, la comunità musulmana.
L’inchiesta della rivista francese conferma del resto il racconto storico sul commercio triangolare (cattura di africani da parte di altri africani e loro rivendita agli arabi) e attesta quanto esso sia ancora attuale e, di conseguenza, ribadisce come l’Islam non sia affatto una religione di pace, amore e uguaglianza.
Maestranze vittime dei lavori per la Coppa del mondo in Quatar
Senza ritornare sull’annoso tema dei fondamenti delle varie religioni ma se, ad esempio, prendessimo ad analizzare il bilancio delle maestranze vittime dei lavori in atto per la Coppa del mondo di football che avrà luogo in Quatar, si annunciano cifre da condanne della Corte Penale dell’Aia circa i 6.500 lavoratori pachistani – musulmani come gli stessi imprenditori che li avevano assunti – vittime nei vari cantieri.
Del resto, chiunque abbia già lavorato in un “gaudioso” paese del Golfo può riferire con dovizia di particolari il modo con cui spesso i capi cantiere si comportano nei confronti dei loro impiegati, pachistani soprattutto, in maniera inaccettabile e senza il dovuto rispetto all’essere umano.
Ma questa nostra Unione Europea che ha fatto del rispetto dei diritti umani una sua bandiera e che ogni giorno si sente impegnata a combattere tutti i crimini contro l’umanità, non sembra impegnarsi in modo capillare per condannare ogni tipo di schiavismo, compreso quello triangolare compiuto dagli africani verso gli stessi africani e dagli arabi verso gli africani.
Forse gli interessi economici ed imprenditoriali occidentali in gioco, oggi in Quatar, ma anche in tutti i ricchi Paesi del Golfo, possono trascendere dalla dovuta tutela dell’essere umano e possono permetterci di sospendere le più elementari regole di rispetto dei diritti umani?
Certamente questi interessi economici trascendono il campo dei diritti e, di fatto, non contribuiscono ad intaccare il senso di onnipotenza delle élite del Quatar e di tutti i paesi arabi, anzi, la permissività, il lasciar correre di un Occidente complice, non sembra voler creare loro il minimo senso di colpa.
In realtà siamo diventati dipendenti del mondo ovattato dei paesi della penisola araba e lo dimostra l’attualità con la corsa verso i paesi del Golfo di ogni manifestazione sportiva, imprenditoriale, e persino dell’assegnazione di un qualsiasi premio dopolavoristico. Siamo così diventati schiavi dei petrodollari arabi e delle loro città artificiali.