Governo, Giorgia Meloni: «La crisi energetica è una questione europea»

di Redazione

Giorgia Meloni continua ad approfondire in prima persona i dossier più delicati

Un faccia a faccia con il ministro Roberto Cingolani sulla crisi dell’energia. E una telefonata con Volodymyr Zelensky, a cui ha ribadito pieno sostegno alla causa ucraina e l’impegno per ogni sforzo diplomatico utile a far cessare il conflitto.

Giorgia Meloni continua ad approfondire in prima persona i dossier più delicati che si troverà ad affrontare con il nuovo governo. Una squadra che però resta ancora quasi tutta da definire, con qualche tensione fra i tre alleati di centrodestra. Il nodo del Viminale è il primo da sciogliere, anche e soprattutto dopo l’apertura di Salvini verso altre opzioni. Le scadenze impongono di non perdere tempo, ma la strategia suggerisce massima cautela. Anche a costo di completare il puzzle agli inizi di novembre.

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Ora come ora, appare molto complicato che la leader di FdI possa partecipare in veste di premier al Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre, dove con ogni probabilità ci sarà ancora Mario Draghi. «La crisi energetica è una questione europea e come tale deve essere affrontata», la posizione rilanciata dalla premier in pectore, che promette di sostenere «ogni azione volta a contrastare fenomeni speculativi e ingiustificati aumenti del costo dell’energia e appoggeremo iniziativa condivisa di concreto aiuto a famiglie e imprese».

L’incontro con Cingolani

Poche ore dopo, nel via vai di dirigenti di FdI, da Guido Crosetto a Francesco Lollobrigida, nel corridoio della Camera assiepato di giornalisti è passato Cingolani, diretto agli uffici di Meloni per un faccia a faccia di un paio d’ore: l’occasione per illustrare gli scenari e le dinamiche in discussione in sede europea per contenere il prezzo dell’energia.

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«Mi sto impegnando fortemente per passare tutto quello che noi stiamo facendo al futuro governo – ha chiarito il ministro per la Transizione ecologica -, su questo ci deve essere una continuità dell’Italia a livello internazionale, nella speranza di non perdere nemmeno un giorno nel passaggio. E ho trovato molta recettività dall’altra parte». Passate le consegne, l’idea di Cingolani sarebbe quella di tornare a fare il manager. Meloni, però, avrebbe avviato una riflessone per poter affidare ancora a lui il dossier energia.

Lega e FI non avrebbero preclusioni, in un ministero chiave perché gestisce un terzo dei fondi del Pnrr, materia su cui questo tipo di continuità è considerato funzionale. Per dirla con Draghi, «il Pnrr non è il piano di un governo, ma di tutta l’Italia, e ha bisogno dell’impegno di tutti per garantirne la riuscita nei tempi e con gli obiettivi previsti. La politica italiana – ha sottolineato il premier uscente – sa ottenere grandi risultati quando collabora, tra forze politiche di colori diversi, tra Governo centrale ed enti territoriali».

Un messaggio all’insegna dell’unità, non distante nei toni da quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è arrivato anche da Meloni, nella giornata delle celebrazioni di San Francesco: «Dalla necessità di concorrere tutti, pur nelle differenze, all’interesse nazionale è necessario ripartire per affrontare le difficili sfide che l’Italia ha davanti».

La politica estera

Meloni (che ha sentito anche il presidente del Likud ed ex premier israeliano Benjamin Netanyahu, ricandidato alle elezioni del primo novembre) ha ben chiaro che la guerra di Vladimir Putin all’Ucraina sarà l’altro grande fronte su cui si misurerà la politica estera del suo governo.

Non a caso, a quanto filtra in ambienti di maggioranza, avrebbe l’intenzione di mettere un viaggio a Kiev fra i primi appuntamenti del classico tour nelle capitali europee che attende un presidente del Consiglio dopo l’insediamento. Zelensky ha auspicato di poterla ricevere quanto prima, nella telefonata in cui si è congratulato per la vittoria elettorale, ringraziando per il sostegno dell’Italia anche in merito al nuovo decreto sull’invio delle armi appena esaminato dal Copasir.

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