L’ex presidente: «Ci risparmi la resa dei conti interna»
La sconfitta del centrosinistra viene da lontano, «non c’è stata condivisione di un progetto politico che unisse ai valori del nostro campo la cultura di governo. E che sapesse interpretare l’esigenza di un radicale cambiamento che la situazione impone». Lo dice in un’intervista a La Stampa l’ex presidente del Pd Rosy Bindi, che è tra i firmatari di un appello diffuso ieri da venti personalità del mondo cattolico, ex Pd, intellettuali considerati vicini al M5S, da Domenico De Masi a Tomaso Montanari. Un invito ad aprire «un nuovo cantiere» spiega l’ex ministra.
La proposta dell’appello è «essere tutti pronti a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento dell’esistente, per costruire un campo progressista coinvolgendo quelle realtà sociali che già interpretano il cambiamento e non trovano rappresentanza politica». Rosy Bindi pensa allo scioglimento del Pd e «ci risparmi la resa dei conti interna, perché la ritualità del congresso è ormai accanimento terapeutico».
Il Pd è rimasto al governo anche in momenti in cui sarebbe stato meglio andare a votare, «spesso per senso di responsabilità» aggiunge Bindi, ma così facendo, «il Partito non si è mai dedicato a se stesso». C’è una classe dirigente «che mi sono chiesta spesso perché stia insieme». Rispetto ai Cinque Stelle, «sono contenta se sono approdati al campo progressista, e spero non sia solo una mossa tattica. Ma nessuno può vantarne il monopolio».
Errori «ne sono stati fatti un po’ da tutti, ma forse il partito principale ha qualche responsabilità in più. Dopodiché è vero anche che Conte e il M5S non erano portati a fare un accordo, perché troppo interessati alle sorti del proprio partito».
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