Per i giudici «il fatto non sussiste»
Il capo dei Casalesi Michele Zagaria, attualmente ristretto al carcere duro, è stato assolto dal tribunale di Napoli Nord con formula piena, «perché il fatto non sussiste», dall’accusa di associazione camorristica contestata per il periodo successivo all’arresto del 7 dicembre 2011, quando secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Zagaria avrebbe continuato a gestire il clan impartendo direttive all’esterno attraverso messaggi consegnati ai familiari, sorelle in primis, durante i colloqui tenuti in carcere.
Il sostituto anticamorra Maurizio Giordano aveva chiesto 16 anni di reclusione per Zagaria al termine della requisitoria tenuta nei mesi scorsi, mentre per i difensori di Zagaria, gli avvocati Emilio Martino e Paolo Di Furia, Zagaria non avrebbe impartito direttive durante i colloqui in carcere con i familiari.
Peraltro, per gli stessi fatti, alcuni familiari del boss, tra cui le sorelle di Zagaria e le cognate (mogli dei tre fratelli Antonio, Pasquale e Carmine), sono stati condannati solo per la ricettazione degli stipendi agli affiliati e non per associazione a delinquere di stampo camorristico.
La Dda aveva passato al setaccio anni di colloqui, di parole dette e non dette, di sguardi e segnali tra Zagaria e le sorelle, soprattutto Gesualda e Beatrice; ma per il collegio presieduto dal giudice Marina Napolitano, quei messaggi non erano direttive da impartire agli affiliati ancora in strada.
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