Le istanze europee non perdono occasione di minacciare lo Stato magiaro
Si ripetono in Ungheria gli attacchi contro lo stato di diritto: questo il segnale d’allarme lanciato dal rapporto della rappresentante dei Verdi, Delbos – Corfield, a Consiglio e Commissione. Adottato a grande maggioranza il rapporto fa seguito alle ripetute richieste del 2012, 2013, 2015, 2017 e 2018 presentate per constatare le criticità dello Stato di diritto in Ungheria dall’accesso al potere, nel 2019, dell’alunno discolo Victor Orban.
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Da allora le istanze europee non hanno perso occasione per inviare minacce allo Stato magiaro cercando di ingerirsi in materie che rimangono ancora oggi di competenza dello Stato nazionale, quasi Victor Orban abbia usurpato il potere e non sia stato rieletto ogni volta non per nomina ma attraverso un processo democratico tradizionale che si chiama voto popolare.
Nonostante tutto questo, secondo l’ennesima denunzia dell’europarlamento diligente ai dictat del political correct, l’Ungheria rimane un regime ibrido e, con sorprendente definizione, un regime elettorale ma autocratico, mettendo ancora dietro la lavagna i principi lessicali di non contraddizione
I tecnocrati del nulla stanno cercando in ogni modo di interferire nell’azione politica interna di uno Stato sovrano e lo fanno, secondo la risoluzione del 2012 contro l’Ungheria, allargando il loro campo di intervento al di là dei Trattati e attribuendo all’Unione il potere di verificare discrezionalmente il rischio di grave violazione dei valori comuni.
Verificato che i valori comuni sono il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia dell’eguaglianza e dei diritti umani compresi quelli delle persone appartenenti alle minoranze e che questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza la giustizia, la solidarietà e l’eguaglianza tra uomini e donne…
Il principio di condizionalità
Il parlamento europeo invece sembra preoccuparsi, nel caso dell’Ungheria di Orban, del funzionamento costituzionale e del sistema elettorale, dall’indipendenza della giustizia, dalla corruzione, dalla libertà di espressione incluso il pluralismo dei media, oltre che della libertà accademica, di quella religiosa, dei diritti delle persone LGBTIQ, dei migranti, dei richiedenti asilo, dei rifugiati.
Così da domenica scorsa l’ossessione europea tocca «finalmente», secondo i titoli di numerosi media del pensiero corretto, il portafoglio degli ungheresi applicando il principio di condizionalità: i 35 miliardi di fondi europei spettanti all’Ungheria per il periodo 21/27 verranno sospesi perché le infrazioni dello Stato di diritto in Ungheria possono mettere in pericolo l’intero bilancio dell’Unione europea.
Bisogna però ricordare che l’Ungheria è il solo paese membro che non ha ricevuto i fondi europei previsti per la ripresa post Covid, 7,2 miliardi di euro e che oggi si vede sospeso un versamento di 7,5 miliardi come punizione del fatto che Orban non abbia ancora proceduto a riforme strutturali e profonde nel settore della Giustizia e della libera concorrenza, riforme invece di cui il governo ungherese ha già presentato il progetto.
Nello stesso tempo giova ricordare che, nello scorso luglio, la Commissione, entrando a gamba tesa sugli affari interni di un Paese ancora sovrano, ha interpellato la Corte di giustizia in occasione di una legge sulla protezione dei minori, approvata dal parlamento ungherese, che vietava nelle scuole la presenza di testi a favore dell’omosessualità e del cambiamento di sesso
Un’ossessione europea contro l’Ungheria che si estrinseca in una molteplicità di procedure e di sanzioni finanziarie correlate per far pagare ad Orban la sua politica prettamente conservatrice e la sua indipendenza nei confronti dell’Unione europea rivendicata e, senza dubbio, anche il suo rifiuto di applicare le sanzioni europee contro il gas e il petrolio russo, da cui l’Ungheria dipende al 90%
Ritornando all’accusa odierna di violazione dello Stato di diritto il ministro della giustizia ungherese è stato abbastanza categorico dichiarando che l’impegno principale dei conservatori è quello di proteggere le comunità naturali come la famiglia, le chiese storiche, le nazioni e le cooperazioni regionali. Che questi sono i fondamenti dell’Europa e i veri valori che vanno tutelati. A ben vedere, l’esatto contrario dei valori dello Stato di diritto prefigurato dai tecnocrati di Bruxelles che non rimane che l’illusione di una perfezione giuridica e la somma di freddi valori che si è deciso di dover imporre ai popoli ed agli Stati nazione.