L’Italia ed il comunismo reale una storia da rivisitare che promuoveva una più pretesa che presunta uguaglianza

di Rino Nania

Una condizione che toglieva libertà a coloro che rimanevano soggiogati dalla stella rossa, dal pensiero leninista e dall’assenza di democrazia

Un tempo c’era il socialismo reale e l’unica verità storica veniva rappresentata dal fatto che il mondo era diviso in due superpotenze mondiali ed era separato attraverso una cortina di ferro. Verso l’oriente, andando al di là di Berlino est, l’Europa, divisa, apparteneva all’Unione sovietica. Era una condizione che toglieva libertà a coloro che stavano oltre il muro che obbligava ad una pretesa e presunta uguaglianza i popoli che rimanevano soggiogati dalla stella rossa, dal pensiero leninista e dall’assenza di democrazia: il tutto ispirato dal Cremlino.

Osservatori attentissimi come Enzo Bettiza, Paolo Ostellino e Giulietto Chiesa hanno ritratto da destra e da sinistra un mondo che andava studiato, interpretato, capito per ciò che di brutto rappresentava, ovvero persecuzione dei dissidenti (Solgenitsin, Sharansky, Bukovskij), esiliarli affinché siano obbligati a recidere le radici col proprio paese di origine e cancellare la loro identità culturale.

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Intanto quel mondo chiuso si impoveriva col passare del tempo. Ed era il segno di una chiusura mentale, ideologica e politica. Eppure con l’arrivo di Papa Wojtyla quel gigante dai piedi d’argilla si sgretolò in poco meno di un niente. Quel fallimento tuttavia disseminò nell’intero mondo quei paradigmi di totalitarismo, il cui dominio si configurava in un sistema di controllo che vigilava su ogni singolo cittadino dell’universo attraverso l’acquisizione di dati su ciascuna persona, mediante il vigile occhio del fisco su ciascun imprenditore o professionista, costruendo uno stato di polizia arbitrario e pervasivo, capriccioso e petulante.

La realtà è ancora più avanti e peggiore

Qui non basta Orwell per descrivere il regime in cui viviamo, perché la realtà è ancora più avanti e peggiore. In Italia ad esempio quel sistema ingiusto e di presunta uguaglianza sottrae valore all’impegno, all’intelligenza ed alla bravura indipendente. Tutti, secondo questa logica, devono impoverirsi, perché solo così il potere economico mondiale può accaparrarsi di tutti gli sforzi, di tutta la ricchezza prodotta attraverso sacrifici, di tutte le vite spese per dare dignità alle esistenze.

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Questo è il comunismo reale che si ammanta di democrazia e che ci fa credere di vivere di una libertà immaginaria, di tanta ipocrisia che serve a mascherare la terribile realtà e che ci fa credere che il nostro futuro deve essere un futuro di sudditi senza libertà e senza dignità che avrà un solo modo per mantenersi in vita ossia vivere a nolo con case in affitto, con auto in car sharing e con un lavoro senza corrispettivo equo.

Si va, così, a liquefare il principio secondo cui «ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (art.4 cost.).

A seguire si perde così anche il contenuto dell’art.36 della nostra Carta Costituzionale, infatti, scompare o si riduce l’ambito per il quale il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, che dovrà essere sufficiente ad assicurare per sé e per la sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. In tutte queste disperanti contraddizioni in Italia e nel mondo si realizza il comunismo reale che ci vuole sempre più poveri e senza speranza.

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