Una storia cominciata nel 1862, in una piccola tipografia di via Luperano
«160 anni e sentirli tutti. Sentirne l’orgoglio, la responsabilità. Ma anche la fatica». Ha scritto in post su Facebook la collega Geppina Landolfo, erede di una delle firme, Francesco Landolfo, che hanno rappresentato a lungo uno dei pilastri di quel Roma che oggi, ha festeggiato il centosessantesimo compleanno. Personalmente aggiungerei, però, anche per l’auterovelezza acquisita nel corso degli anni. E senza dimenticare, inoltre un primato che nessuno ricorda mai: parlare del «Roma» significa parlare del quarto giornale più «antico d’Italia».
Secondo solo a «La Nazione» di Firenze nata nel 1859, al «Giornale di Sicilia» e «Corriere Adriatico» nati nel 1860 e prima del «Corriere della Sera» nato 14 anni dopo nel 1876 e del «Mattino» arrivato solo nel 1892 ovvero 30 anni dopo.
E aver raggiunto questo traguardo non è stato cosa da poco. Ma, alla fine c’è riuscito, battendo le ingerenze di un potere politico che ha tentato più volte di addomesticarlo, senza mai esserci riuscito. Certo, lo hanno silenziato nel novembre 1981 a capo del periodo di maggiore diffusione raggiunto con l’editore Achille Lauro.
Ma grazie a Pasquale Casillo, Pinuccio Tatarella e alla cooperativa nuovo giornale Roma, composta dai suoi stessi giornalisti, la sua voce continua a farsi sentire alta e forte. Come può essere quella di un giornale che non è solo un insieme di pagine, ma una storia lunga 160 anni. Di cui, Napoli, il Mezzogiorno e i colleghi che hanno contribuito a scriverla e a quelli che ancora continuano a farlo, possono andare fieri. Augurissimi, caro vecchio «Roma», al direttore Antonio Sasso e a tutta la redazione.