Ucraina, appunti di viaggio in un paese in guerra

di Salvatore Del Gaudio*

Salvatore del Gaudio da Kyiv a Leopoli tra check point e bombe

Una lunga serie di fuoristrada e autocarri dipinti di bianco con l’insegna del pronto soccorso «švydka» in ucraino e contrassegnati da una bandiera ucraina attendevano lungo il confine di Stato polacco-ucraino.

Lungo la strada statale – in mancanza di un’autostrada vera e propria – che unisce la Polonia all’Ucraina si notano diversi posti di blocco creati ai sensi opposti di marcia e formati da sacchi di sabbia e paletti di ferro incrociati. In città alcuni di questi posti di controllo e di blocco appaiono abbandonati quasi a sottolineare il fatto che gli sforzi bellici siano tutti concentrati a sud-est tra Xerson e il Donbass.

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L’viv (Leopoli), coprifuoco a parte (23 – 6 di mattina), sembra pullulare nella sua quotidianità brulicante ed effervescente che caratterizza un Paese giovane come l’Ucraina e che lo distingue chiaramente da città di ‘anziani’ come quelle italiane. Una sottesa tensione si avverte tuttavia a fior di pelle poiché ignota rimane l’ora della prossima sirena accompagnata da un successivo lancio di missili russi.

Il servizio di vigilanza dell’albergo alla periferia di L’viv in cui alloggio mi ha mostrato i danni compiuti da due missili russi male intercettati dalla contraerea ucraina e caduti ad alcune centinaia di metri da un punto di snodo ferroviario, danneggiando un hotel prossimo al mio.

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Stamane ci hanno svegliato all’alba le sirene. Hanno suonato a intervalli regolari ben quattro volte. Molti ospiti dell’albergo, tra cui un americano, sono scesi nel locale sottostante adibito a rifugio e rafforzato da sacchi di sabbia e finestre transennate. Alcune donne di servizio mi hanno confidato che durante un attacco precedente, frantumi di missile russo, oltre a danneggiare gli abitati circostanti, hanno anche colpito mortalmente alcune persone, tra cui una con il torace dilaniato da schegge.

La situazione nell’Ucraina occidentale

Indubbio che la zona dell’Ucraina occidentale appare relativamente tranquilla e certamente non ha subito gli attacchi brutali e devastanti di altre zone dell’Ucraina settentrionale ed orientale. Eppure negli ultimi tre giorni della mia permanenza (tra venerdì 24 giugno e domenica 26 giugno, 2022) gli attacchi missilistici si sono moltiplicati e l’angosciante sirena/allarme che in ucraino si chiama «tryvoha», il cui significato richiama appunto «l’angoscia, l’inquietudine, l’ansia» ecc. ha risvegliato in me quel senso di attenzione primitiva poiché il pericolo può essere incombente e sopraggiungere dall’alto e nessuno ne è esente o può sentirsi assicurato da una eventuale, rapida morte!

Alcuni dignitari governativi e militari mi hanno spiegato che l’Ucraina occidentale e L’viv viene colpita o da missili a lunga gittata direttamente dal Mar Nero o, addirittura, dal Mar Caspio oppure gli aerei russi sorvolano il territorio bielorusso e a pochi chilometri dal confine ucraino lanciano i loro ordigni. La contraerea ucraina non può colpire la Bielorussia in quanto Stato neutrale sul piano formale ma non su quello logistico-operativo.

La mattina di venerdì 24 giugno ho appreso direttamente dalle fonti ucraine che due dei sei missili lanciati contro la zona di Leopoli hanno approssimativamente raggiunto il bersaglio a circa 40 km dal mio albergo nel distretto di Javoriv. Gli altri, fortunatamente, sono stati intercettati dalla contraerea ucraina. Ci sono state, ahimè, delle vittime civili delle quali si è parlato poco nei media ucraini.

Malgrado le rassicurazioni datemi da alcuni amici e colleghi sulla relativa sicurezza nel trattenersi a Kyiv perché considerata ben protetta e nonostante le sirene scandiscano, ormai monotonamente, alcune parti della giornata e della notte, stamane (sabato 25 giugno) ho appreso che finanche alcuni edifici civili sono stati gravemente danneggiati nella capitale con morti tra la popolazione civile.

In Ucraina non esiste scampo e via di fuga sicura

È impressionante assistere inerte ai segnali forniti dall’applicazione da cellulare o dal canale a reti unificate che mostra quali regioni si trovano in quel particolare momento sotto attacco o, ancor peggio, quando si tratta di tutto il Paese. Non esiste scampo e via di fuga sicura giacché l’attacco sopraggiunge dall’alto e a sorpresa e la prossima volta potrebbe toccare a te salutare la prorompente estate con i suoi profumi e il vento tiepido della notte. L’unica cosa certa è che dal momento in cui la stridula sirena risuona si ha circa un quarto d’ora di tempo per cercare il rifugio più vicino.

Tra venerdì e sabato, però, ho inoltrato registrazioni del suono sinistro emesso dalle sirene a coloro che si esprimono con scetticismo sulla realtà vissuta dall’indomabile popolo ucraino. Se prima avrei potuto nutrire qualche minimo dubbio sulla ‘giustezza’ morale di inviare sostegni militari e armamenti pesanti a un Paese sotto attacco, ora dopo la mia breve permanenza da volontario civile e i racconti uditi dai profughi di guerra anche in altri paesi europei, tra cui la Polonia, spesso narrati da mutilati di lingua russa provenienti da quelle regioni orientali che la politica del Cremlino intendeva liberare e preservare i diritti linguistici, sono più che mai convinto che l’aiuto vada portato senza indugio alcuno.

Salvatore Del Gaudio
Professore presso l’Università di Kyiv B. Grinchenko
Studioso ucrainista (slavista)

Setaro

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