Siamo agli sgoccioli di un potere sconfitto dal senso di verità, rispetto ai fatti accaduti che niente e nessuno può smentire
Tra rituali sacri e processi laici la storia ci conduce lungo la nemesi essenziale in cui viene fuori lo spirito del tempo che riduce il potere non a infinito concepimento di ciò che è possibile e realizzabile, ma come impegno esistenziale e responsabile di ciò che la vita ci mette di fronte nell’essere autrice di eventi in un determinato contesto. Questa è la sintesi di una tragedia che mette sotto accusa il potere dominante. E trova in Creonte la dimensione giusta della irrogazione della pena e individua in Tiresia, la voce della verità che fa riemergere le colpe malcelate di un colpevole.
Così Edipo consente a Sofocle di dipanare il processo che avviluppa gesti nefasti ed inconsulti e responsabilità umane, oltre le profezie divinatorie. Laio muore per mano e colpa di un re, e non di briganti oscuri. Oltre gli annunci profetici non del tutto fantasiosi e le rappresentazioni arbitrarie delle vicende da parte di testimoni, l’accertamento della verità rileva ed echeggia in tutta la sua evidenza. È la verità che si fa esaltante ostacolo al potere dominante, a chi esercita la forza e che ha capacità di domare una comunità, che invece diviene testimone di una tragedia rovinosa.
Ecco che in sè il potere non basta. Perché la parola intensa della verità diviene più forte di qualsiasi potere, di qualunque dominatore, di chicchessia. In questa evidenza la contemporaneità esplica il tratto distintivo della terribile fine di un potere sconfitto dal senso di verità, rispetto ai fatti accaduti nulla li può smentire, nè può cancellare il gesto inconsulto generatore di morte di un uomo (Laio), di una città (Tebe), di una comunità sacrificata rispetto alla falsificazione e/o mimetizzazione del male. Così la superbia è segno evidente e distintivo che fa precipitare l’arbitrio dell’uomo, sia esso re o suddito, in gesto violento ed indicibile che non permette alcuna salvezza, alcuna possibilità di dimenticare l’effetto terribile della morte.
Ecco che la giustizia si impone e mette il tiranno di fronte alla sua colpa. Nulla di più e nulla di meno. Si afferma in questo modo la fine del potere in cui si materializza la dimensione del sacro che sconfigge per sempre chi ha immaginato di poter dominare permanentemente gli eventi.
Ed invece diviene momento di disgrazia e di dolore, dove la rovinosa morte intride tutto, così semplicemente e terribilmente. Evocando non solo un re nudo ma anche un re cieco, forse perché l’essenziale è invisibile agli occhi.