A San Giuseppe insediata commissione prefettizia
Tre amministrazioni comunali della provincia di Napoli sciolte per infiltrazioni camorristiche in appena 105 giorni. Quindici settimane per vedere cancellati tre consigli eletti e nei quali il Consiglio dei Ministeri ha ravvisano possibili ingerenze della criminalità organizzata. Tre città che in comune hanno il Vesuvio, visibile da lati diversi.
Come diverso è il colore politico delle tre amministrazioni, per una scure contro le possibili connivenze tra politica e criminalità organizzata che, stando alle valutazioni del prefetto, non conosce distinzioni tra centrosinistra e centrodestra.
L’ultima amministrazione a cadere è stata ieri quella di San Giuseppe Vesuviano, dove le prossime elezioni si sarebbero dovute svolgere nel 2023. Il sindaco, Vincenzo Catapano, era stato eletto nel giugno 2018 con una coalizione di liste civiche ma con la dichiarata vicinanza del primo cittadino alla Lega. La voce circolava negli ambienti politici da alcune settimane, tanto che la decisione non arriva come un fulmine a ciel sereno. Per San Giuseppe Vesuviano è il terzo scioglimento legato a presunte connivenze tra la macchina amministrativa e la criminalità in trent’anni, dopo quelli del 1993 e del 2009. Appresa la notizia, il primo cittadino ha sostenuto che “per noi parlano anni di lotta chiara ed aperta alla criminalità organizzata”, manifestando l’intenzione di presentare ricorso al Tar.
Il prefetto di Napoli Claudio Palomba, in attesa del perfezionamento dell’iter procedurale del decreto di scioglimento del Presidente della Repubblica, ha disposto, in via cautelare, la sospensione del sindaco, del Consiglio e della giunta comunale di San Giuseppe Vesuviano, affidando la gestione dell’ente ad una commissione prefettizia composta dal viceprefetto Aldo Aldi, dal viceprefetto Agnese Scala e dal dirigente seconda fascia Area I a riposo Antonio Scozzese.
Ricorso al tribunale amministrativo già presentato invece dall’ex sindaco di Castellammare di Stabia, Gaetano Cimmino, espressione locale di Forza Italia. La sua amministrazione è stata la prima delle tre ad essere spedita a casa anzitempo (le elezioni per il rinnovo dell’assise si sarebbero dovute svolgere anche in questo caso nel 2023) dal Consiglio dei Ministri. Era il 25 febbraio. Nel relativo decreto si sottolineava come “la permeabilità dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e ha determinato la perdita di credibilità dell’istituzione locale”.
Nel mezzo, il 5 maggio, lo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale di Torre Annunziata. Qui il sindaco Vincenzo Ascione, rappresentante del Pd eletto nel 2017, era di fatto tornato a casa già da diverse settimane, avendo rassegnato le dimissioni il 16 febbraio, anticipato e seguito da tanti altri amministratori, alcuni dei quali (compreso il primo cittadino) indagati nell’ambito di un’inchiesta su presunte mazzette in cambio di appalti pubblici che aveva portato in carcere l’ex dirigente dell’ufficio Tecnico e l’ex vicesindaco. Due scioglimenti in due mesi e mezzo che hanno consegnato alla città vesuviana tristemente nota per essere stata quella della quale scriveva Giancarlo Siani, il cronista del quotidiano ‘Il Mattino’ ucciso dalla camorra, un record non invidiabile.