Ma si rende conto dello stato in cui versa l’economia ucraina?
Non eletta dai cittadini europei, ma neanche incaricata dall’Europa di procedere ad un ulteriore ampliamento, von der Leyen sembra non aver dubbio alcuno e, in visita a Kiev, ha solennemente consegnato al presidente Zelensky il formulario della richiesta ufficiale, preludio ad una prossima eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione europea.
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Simbolicamente stampato coi colori dell’Europa e dell’Ucraina, il documento ha sicuramente fatto la gioia del capo ucraino, l’eroe democratico acclamato in tutte le Assisi, i talk show, le televisioni e i media occidentali. Sembra di essere ritornati ai tempi delle sedute del soviet supremo di una stagione che credevamo lontana.
Questa pretesa unanimità, che si ritiene mondiale ma che rimane soltanto occidentale, comporta però una serie di isterie e quella della presidente «nominata» dell’esecutivo ne è chiaramente la manifestazione più eclatante. Pare che secondo von der Leyen, ormai preda della dittatura dell’emozione che confonde ogni logica, l’adesione dell’Ucraina non sarà una questione di anni ma si risolverà soltanto in qualche mese, andando così oltre ai Trattati istitutivi dell’Ue e, peggio, in loro palese violazione.
Ma si rende conto la signora von der Leyen dello stato in cui versa l’economia dell’Ucraina, disastrata già prima della guerra stessa? L’hanno informata del livello di corruzione esistente nel Paese, aggravatasi ulteriormente dopo la sua indipendenza? Le hanno comunicato che lo stesso eroe Zelensky, celebrato da tutte le democrazie, dai media, talk show, sommet di Davos, festival di Cannes e persino dalla fanfara di Fanfulla figura gravemente compromesso nell’affare dei Pandora Papers, i paradisi fiscali e del riciclaggio, abbondantemente discussi in Ucraina lo scorso anno e, da allora, messi sotto silenzio?
La follia economica
Ma l’iniziativa della Presidente dell’esecutivo non è accettata da tutti: una importante maggioranza di Capi di Stato e di Governo si è pronunciata contro un’adesione accelerata dell’Ucraina motivando la loro opposizione come una follia economica, ricordando il caso greco che aveva coinvolto un Paese molto più piccolo ma meno povero di un’Ucraina che vanta un livello di vita molto inferiore a quello di tutti gli altri Paesi europei.
Chi pagherà poi il conto? Senza dubbio il costo ricadrà sulle tasche di tutti i contribuenti europei. La situazione attuale conferma uno stato di confusione generale. Si sente il primo ministro slovacco mettere a disposizione dell’Ucraina il suo sistema nazionale di difesa antimissili e lo stesso il signor Borrell, un altro «nominato» che guida la politica estera dell’Ue, comunica anche un aiuto supplementare di 500 milioni di euro per l’acquisto di armi che si aggiunge ai 1,5 miliardi di dollari totali già concessi dall’inizio della guerra.
Ma dove si vuole arrivare? Sembra che tutto concorra non a mettere fine alla guerra ma a prolungare il conflitto, a spese degli stessi ucraini certo, ma anche dei contribuenti europei
Dal versante delle sanzioni le iniziative aumentano e si dimostrano sempre più autolesioniste per gli europei. Infatti è impossibile oggi come oggi fare a meno del gas russo, lo sanno tutti, ma tutti fingono di non saperlo ed è affascinante vedere come gli europei si intestardiscano in sanzioni che, alla fine, penalizzano loro stessi.
I desideri degli americani
Siamo arrivati al punto che gli americani non hanno più bisogno di impartire gli ordini, ormai i loro desideri vengono persino previsti in anticipo, senza discussione, e quando Zelensky, nei suoi show mediatici, attacca le varie industrie europee restie ad accettare ogni tipo di sanzioni e arriva persino a pretendere che abbandonino la Russia, gli stessi deputati dei Paesi additati non fanno altro che applaudire stoltamente.
A tutto però dovrebbe esserci un limite: l’approvvigionamento di gas russo passa sempre dall’Ucraina che, bisogna ricordarlo, continua a percepire importanti pagamenti solo per questo diritto di passaggio.
Assistiamo pertanto alla politica dei due pesi e delle due misure: se gli americani allentano le sanzioni quando conviene loro, come nel caso dei fertilizzanti russi di cui hanno estremo bisogno, lo fanno perché sanno di avere in mano il pallino del gioco. Se Zelensky invece continua ad esigere che l’Europa chiuda il rubinetto del gas russo, lo si riporti alla realtà chiedendogli di cominciare lui stesso a dare l’esempio.