Il «non voto» potrebbe consentire a chi gestisce la giustizia di mettere sotto ricatto chiunque chieda tutela per i propri diritti
In una dimensione sempre più eterea in cui la democrazia risulta essere una scatola vuota, i referendum rimangono l’ultimo strumento istituzionale che aiuta la viva partecipazione che può contribuire a realizzare una visione riformatrice. Senza la partecipazione al voto chiunque può arrogarsi l’idea che basta delegare a qualcuno o nominare chicchessia e le cose procedono come devono andare.
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Nonostante si possa pure pensare distonicamente secondo logiche e tragiche utopie negative, tuttavia non è possibile pensarla così. Il destino cinico e baro proprio perché è cinico e baro, come è facile immaginare, è appunto truffaldino, per cui bisogna tornare all’uso consapevole del voto, del compiere scelte e condurre la volontà dei molti dentro le urne.
Se non lo si fa si rimane avviluppati dentro la rete della manipolazione di potere, quello sì pericoloso, surrettiziamente dittatoriale, quello che intride tutto il sistema istituzionale di corrompimento di valori e di autoreferenzialità nel perseguire obiettivi che collidono con le libertà e gli interessi pubblici e diffusi.
In questo quadro le esistenze si riducono a vegetali senza più una vita animata da idee e pensieri. Così l’uomo torna al mito della caverna senza più conoscenza ed elaborazione creativa. L’uomo, così procedendo, perde il fuoco della vitalità, delle vibratili passioni che avrebbero potuto rendere le relazioni sociali momenti vivificanti per la gerarchie degli interessi, per l’organizzazione dei mezzi e per l’ordine utile a favorire soddisfazione diffusa.
Un’organizzazione tecnocratica e liberticida
Non compiendo questo passo sulle questioni della giustizia sui referendum del 12 giugno si rischia che il mondo di chi gestisce la giustizia metta sotto ricatto chiunque e tutti coloro che chiedono tutela per i propri diritti, che vogliono strumenti legittimi per difendersi da una pervasiva organizzazione tecnocratica e liberticida.
Le ultime sentenze della Corte Costituzionale, a guida Giuliano Amato, rispondono più a intenti politici di parte e non nel riconoscimento delle libertà costituzionali. Di contro la sfera politica con Draghi ci sta facendo assistere alla presenza di un un autocrate che sta facendo impoverire l’intera nazione affinché i beni pubblici e privati possano essere acquistati meglio dai potenti mondiali.
In tutto questa falcidie di valori e meriti le giovani generazioni possono solo aspettarsi paure e schiavitù in cui le banche imporranno il loro dominio e le faranno vivere a nolo, senza più diritto di proprietà, senza più aspirazione al meglio, ma solo destinati a sopravvivere nel comunismo reale. Ecco perché il referendum è civile partecipazione, libertà di esistere oltre il vacuo incedere esistenziale e riappropriazione del proprio destino senza più alibi per nessuno.
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