Anche quando si parla di nuovo, il Mezzogiorno deve sempre vedersela con le vecchie abitudini «arrafatorie» del Nord
«Cernobbio del Sud»: sarà vera gloria? Otterrà gli obiettivi? «E chi può dirlo!», direbbe, l’eduardiano ragionier Spasiano di «Napoli milionaria». Purtroppo, il Sud anche quando parla di «nuovo» deve fare i conti con il vecchio. Lo conferma l’esclusione delle università meridionali dalla corsa ai 1.355milioni in palio per il finanziamento dei progetti universitari d’eccellenza.
Emarginazione, che per qualcuna può durare anche fino al 2027 se – pure a fronte di risultati attuali positivi – deve scontare un obiettivo fallito nel 2015; ma anche il taglio di 6 miliardi delle risorse destinate al Sud dal Fondo Sviluppo e Coesione ‘14/ ‘20, previsto dal Dl aiuti approvato dal Cdm il 5 maggio scorso. E, inoltre, il prossimo 30 giugno scade la decontribuzione che consente agli imprenditori meridionali di risparmiare il 30% dei contributi da versare all’Inps per tutelare e, possibilmente, far crescere i livelli occupazionali nel Mezzogiorno. Sgravi che sarebbero cancellati, qualora Bruxelless non ne concedesse la proroga.
Le premesse, insomma, non sembrano, essere particolarmente favorevoli. Anche perché, dopo la fiammata meridionalista, seguita al convegno «Verso Sud», organizzato a Sorrento, dalla ministra Carfagna e The European House-Ambrosetti, sul Mezzogiorno è caduto nuovamente il silenzio totale o quasi. I media gli hanno già messo la sordina. Del resto, Sorrento era già stata destinataria del privilegio di essere considerata la «Cernobbio del Sud», qualche lustro addietro. Quando il Centro «Studi e Ricerche Mezzogiorno» – collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, con sede a Napoli – per qualche anno e fino all’arrivo del coronavirus, vi ha organizzato eventi analoghi, sullo sviluppo del Sud.
Il «libro bianco» «griffato» Ambrosetti di Milano
Un’intitolazione, quindi, forse anche scontata, visto che il «libro bianco» su cui si è discusso è «griffato» dalla stessa Ambrosetti, ideatrice e organizzatrice dell’appuntamento di Cernobbio e sollecitato, probabilmente, dalla speranza che il richiamo potesse suscitare nella comunicazione la stessa attenzione di quello che si svolge nella cittadina comasca. E, invece, è andata diversamente.
Purtroppo, per loro, il Mezzogiorno non gode della stessa stima dell’alt(r)aItalia nei media. Inoltre, da come si sono svolte le cose, si ricava che, anche stavolta, sarà il Nord a «dettare» le scelte per lo sviluppo dell’Italia del tacco. Senza, però, che si sappia troppo in giro. L’eventuale fallimento deve poter essere attribuito al Mezzogiorno e, nel caso, il merito (e non solo…) per il successo, al Nord.
Del resto, è da 161 anni che funziona (o meglio: non funziona) così. Oltretutto, in tal modo, è più facile – al momento opportuno – ricorrere alla rimodulazione (anzi: «dirottamento» ) delle risorse originariamente destinate al Sud, verso il Nord. Fondi strutturali europei, docunt. Non era stato pensato per caso – come da queste pagine già denunciato – l’escamotage di legare le risorse Pnrr non al territorio, ma a progetti interterritoriali, da utilizzare come «vasi comunicanti», magari perché una parte di quell’ «almeno il 40%» di competenza del Sud, se necessario, possa «smarrirsi» al di là del Garigliano.
La scelta milanese
«Per non perderle», ovviamente! Certo: «Vogliamo un Sud protagonista, stop a pigri pregiudizi» ha detto superMario, nel suo intervento al Forum sorrentino. Ma l’affidamento della fase progettuale di «Verso Sud» alla milanese Ambrosetti (che dei problemi meridionali non si è mai preoccupata più di tanto) anziché ad una struttura meridionale: penso alla Svimez nata nel 1946 (dal ‘74 elabora l’annuale «Rapporto sull’economia del Mezzogiorno» e dall’’87 realizza la «Rivista economica del Mezzogiorno») o alla Studi e Ricerche Mezzogiorno che da tempo si occupa: di Sud, Economia del Mare ed Energia e Mediterraneo, sembra smentirlo. E, soprattutto, fa sospettare ai malpensanti che, anche stavolta, il Sud dovrà restarsene a guardare, aspettare e sperare, che il Pnrr da «Recorey» l’aiuti!