Fisco, Netflix versa 56 milioni di euro e chiude il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate

di Redazione

Dal primo gennaio 2022 ha aperto una sede operativa in Italia

Netflix, il colosso californiano che distribuisce in streaming film e serie tv a pagamento, fa pace col Fisco italiano e chiude il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate versando 55 milioni e 850 mila euro circa in un’unica soluzione. Si definisce così il fronte tributario in seguito all’inchiesta della Procura di Milano e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese per omessa dichiarazione dei redditi, ossia per tasse non versate in Italia. Il Gruppo, nel frattempo, dal primo gennaio 2022 ha aperto una sede operativa in Italia.

Come si legge in una nota firmata dal procuratore di Milano Marcello Viola, il «gruppo multinazionale al temine della fase di accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate, ha proceduto al versamento complessivo ed in un’unica soluzione di euro 55.850.513 a titolo di imposte, sanzioni ed interessi per definire ogni pendenza con il fisco italiano per il periodo dall’ottobre 2015 fino al 2019».

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Nell’indagine, coordinata dal pm Enrico Pavone – l’ha ereditata dal collega Gaetano Ruta, passato da un anno alla Procura Europea – e affidata ai militari del Nuclo di Polizia Economico Finanziario della Guardia di Finanza, a differenza della altre inchieste fiscali milanesi che hanno riguardato Apple, Google o Facebook, al gruppo statunitense guidato da Red Hastings si contesta «una stabile organizzazione occulta di una società estera operante della digital economy».

Oltre 350 server sparsi in tutta Italia

Il «Content Delivery Network del Gruppo» Netflix «è risultato composto da oltre 350 server, che sarebbero stati utilizzati in via esclusiva ed installati stabilmente sull’intero territorio nazionale presso Data Center ed i principali operatori di telefonia». Così, come si legge nel comunicato firmato dal procuratore di Milano Marcello Viola, le indagini hanno accertato che il colosso dello streaming video aveva infrastrutture tecnologiche in Italia per produrre redditi con gli abbonamenti anche sul territorio italiano.

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Da qui la contestazione fiscale chiusa con un versamento di oltre 55 milioni di euro. «Questa complessa ed evoluta infrastruttura tecnologica avrebbe costituito la base – scrive la Procura – su cui la Guardia di Finanza prima e l’Agenzia delle Entrate dopo hanno individuato presupposti tecnico-giuridici, richiesti dalle norme internazionali e nazionali, per la configurazione di una stabile organizzazione ‘materiale’», ossia con infrastrutture tecnologiche, «di un’azienda estera, ritenuta idonea a produrre reddito d’impresa in territorio italiano»

L’operatività in Italia di una stabile organizzazione non dichiarata

Dalle indagini, iniziate nel 2019, come si legge nella nota firmata anche dal procuratore aggiunto e titolare del dipartimento Affari internazionali, Fabio De Pasquale, sono emerse «l’esistenza e l’operatività in Italia di una stabile organizzazione non dichiarata al fisco italiano» di una società olandese del gruppo Netflix, ossia la sua sede europea. Indagini che, si legge ancora, «fanno seguito allo sviluppo di preliminari analisi condotte dalla Guardia di Finanza sui principali modelli di business delle Big Tech della Digital Economy».

La piattaforma di streaming «che si avvale di una propria rete per la trasmissione dei contenuti digitali in grado di erogare il 100 per cento del traffico video del Gruppo – scrive ancora la Procura – prima dell’avvio delle indagini non era identificata fiscalmente in Italia». Le analisi, «con il contributo di professionisti esperti del settore tecnologico ed informatico», hanno portato «all’esatta ricostruzione dell’estensione dell’infrastruttura digitale (denominata Content Delivery Network) con cui il gruppo multinazionale è stato in grado di diffondere il traffico video con elevatissimi standard qualitativi».

Tecnologie e infrastrutture collocate in Italia

Infrastruttura «ritenuta essenziale e significativa ai fini dello sviluppo del business dell’impresa estera sul territorio nazionale, poiché avrebbe garantito l’offerta di un servizio streaming di qualità agli utenti finali, grazie alla prossimità dei server rispetto al mercato di riferimento». In pratica, Netflix avrebbe avuto una «stabile organizzazione occulta» in Italia, e non perché avesse uffici o sedi di cui non c’era traccia formale, come avvenuto in altri casi, ma in senso «materiale», ossia per le tecnologie e le infrastrutture collocate in Italia per trasmettere in streaming.

Netflix: «Continuiamo a credere di aver agito nel pieno rispetto delle norme»

«Abbiamo mantenuto un dialogo ed una collaborazione costanti con le autorità italiane e continuiamo a credere di aver agito nel pieno rispetto delle norme italiane e internazionali applicabili al caso di specie». Lo spiega in una nota un portavoce di Netflix. «Siamo soddisfatti di aver posto fine a questa vicenda, che ha riguardato gli anni fiscali 2015-2019», chiarisce il portavoce.

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