Oltre 425.979 miliardi 400 milioni di lire
La Ferrari è tornata, almeno così sembra dai primi risultati stagionali, ma il 2022 per l’Italia dell’auto è cominciato malissimo. La nostra produzione automobilistica, nei primi tre mesi, è crollata di 28 mila unità e visti i tempi e la mancanza di materie prime, difficile pensare che la rotta possa invertirsi. E il CdA dell’olandese Stellantis nata Fiat, che non intende inopinatamente limitarsi a subirne le conseguenze, è immediatamente corsa ai ripari.
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Il 25 febbraio ha affidato, con atto notarile, al manager, Alessandro Cini, la responsabilità della sede secondaria di Torino, e «dell’apertura e chiusura di sedi sul territorio italiano». Tutto questo, però, dopo aver rimborsato il 28 gennaio scorso, con anticipo di un anno sul previsto, il prestito di 6,3 miliardi garantito dallo Stato con il decreto liquidità 2020 a condizione di investimenti nel nostro Paese e tutela occupazionale. Di cui, però, nessuno si è accorto. Per lo meno non in Italia. E c’è anche chi teme la chiusura di qualcuno fra i 7 (4 nel Centro-Sud) siti italiani e possibili licenziamenti. Il management aziendale tace.
Ma entro giugno, chiuderà il Pcma di Pomigliano d’Arco i cui 270 addetti saranno trasferiti al GB Vico della stessa città. Occupazione salva quindi. Apparentemente, si. Ma la paura dei dipendenti resta. restano. Politica e mass media – distratti da Covid e guerra – hanno altro cui pensare. Ma forse, qualche considerazione su quanto ci è costata e a quale risultato abbia portato nel tempo, vale la pena di proporla. Tanto più che dal 1899 ad oggi ci ha strappato tutto quanto era possibile strapparci. Anzi, di più: 220 miliardi di euro (l’11% del debito pubblico italiano al 2012, poi l‘Europa si è portata via la cassa e stop ai contributi ndr).
Una cifra che fa accapponare la pelle
Tradotta nel vecchio conio corrisponde a 425.979 miliardi e 400milioni di lire. Da infarto! E sono solo i contributi che lo Stato ha concesso alla Fiat (oggi, Stellantis) dal 1975 al 2012 e, quindi, per avere la misura esatta e totale delle risorse pubbliche finite sui conti correnti del lingotto, bisognerebbe aggiungere quelle concesse dal 1899 al 1975.
Gli anni di guerra furono quelli di maggiore espansione dell’azienda che fornì all’esercito: 71mila autovetture, autocarri, mitragliatrici, ma anche proiettili, aerei e motori marini. Le risorse del dopoguerra hanno coperto tutto: cassa integrazione per i dipendenti e prepensionamenti; rottamazioni concesse con esborso dello Stato italiano e stabilimenti costruiti con contributi statali.
Solo quelli in conto capitale sono stati 6.059 miliardi di lire, compresi anche gli interessi per gli investimenti nel Sud d’Italia in base al contratto di programma stipulato con il governo nel 1988. Offrendo, inoltre, alle società interessate: la Sata di Melfi, in Basilicata e Fma di Pratola Serra, in Campania, l’esenzione decennale dalle imposte sul reddito per le società meridionali. Mentre la legge 488 per il Mezzogiorno, in soli quattro anni, dal 1996 al 2000, ha fatto affluire nelle casse del Gruppo altri 328 miliardi di lire in conto capitale. Per gli ammortizzatori sociali in un decennio 1.230 miliardi di lire, altri 700 miliardi sono serviti per prepensionare 6.600 dipendenti nel 1994, e altri 300 miliardi per le indennità di 5.200 lavoratori messi in mobilità.
I livelli occupazionali
Eppure, questo fiume di denaro pubblico non è bastato a salvaguardare i livelli occupazionali che da 250mila addetti sono crollati a meno di 25mila di cui ben 15mila nel Sud. E neanche ad impedire che l’azienda nel 2014 trasferisse la propria sede legale in Olanda, per blindare la governance e dopo la nascita di Fca la sede fiscale a Londra con grandi vantaggi fiscali.
Inoltre, il 16 gennaio 2021, dal matrimonio fra Fca e Psa Peugeot è nato Stellantis, un gruppo automobilistico fra i più importanti del mondo e secondo in Europa. Un successo che fa stropicciare le mani al top management che porta a casa lautissimi stipendi, ma preoccupa i lavoratori. Pure avendo chiuso il 2021 con un utile di 13,4 miliardi, infatti, ha promesso incentivi per 800 esodi volontari a Melfi e Mirafiori. Forse non è un caso che il ritorno della «rossa» sia coinciso con la sua esclusione da Stellantis.
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