Cosa è cambiato dal discorso inaugurale del Mattarella bis? Poco o niente
Un discorso di 55 minuti e tanti applausi, un richiamo al governo a rispettare il Parlamento, basta con decreti legge e fiducie; riformare Giustizia e Csm e la parola dignità citata 18 volte. Cosa è cambiato dal discorso inaugurale del Mattarella bis? Poco o niente. Nel frattempo, però, è arrivata la variante «Putin» e la pandemia è diventata aggressione della Russia all’Ucraina, con città devastate, ospedali e, persino asili nido bombardati, migliaia di vittime, fra cui donne in cinta, bambini e neonati.
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Dall’inizio dell’invasione, tanti i vertici, Macron, Johnson, Scholz e Biden, per discutere gli sviluppi del conflitto, ma sempre senza Draghi. Eppure l’Italia è uno dei Paesi fondatori; fra i 4 contributori netti (annualmente versa all’Ue più di quello che ne riceve); è tra le cinque maggiori potenze economiche del continente con le porte sempre spalancate per i profughi ucraini, e non solo, e, anche per questo, fra quelli più esposti alle ritorsioni putiniane. Tant’è che siamo presenti nella lista dei Paesi ostili, i cui creditori possono essere rimborsati solo con la carta straccia locale: i rubli.
Siamo sempre dietro l’uscio
Ciò nonostante, siamo sempre dietro l’uscio che ci viene aperto, solo per gli incontri plenari, come quello di Versailles che ha deliberato l’appesantimento delle sanzioni, che certo colpiscono duramente la Russia, ma non lasciano indenni noi. Si parla di economia di guerra e di rischio recessione, ma il «virtuoso» tulipano Rutte ha detto «no» al Recovery-bis proposto da Draghi e Macron, perché «il Next Generation Ue è irripetibile».
Insieme, abbiamo detto sì, alla messa al bando di caviale e vodka russi, ma continuano a finanziarne l’aggressione acquistandone il gas. Insomma, un vertice tanto lusso e poco arrosto. E mentre l’Italia è fuori dal Consiglio di Sicurezza Onu, fra i membri permanenti c’è la Russia che, come tale, può porre il veto alla sua messa sotto accusa per l’«operazione speciale» in Ucraina.
Il ruolo di superMario
SuperMario, quindi, sì, ma solo, in Italia dove – per la paura dei partiti per il voto – può fare il bello e il cattivo tempo. E poiché ora tocca trasformare le «deleghe» in «leggi»: fisco (catasto compreso), concorrenza, appalti, giustizia, semplificazione, P.a., continua, come un disco rotto, a minacciare «come approvato in cdm o me ne vado».
E – se le premesse sono quelle registrate in Commissione finanze con la riforma fiscale (per gli emendamenti sullo stralcio del catasto dalla riforma), passata ben due volte per un solo voto, sempre quello di Colucci di «noi per l’Italia» – c’è da temere che i passaggi in commissione e in aula delle stesse per l’approvazione definitiva possano trasformarsi in altrettanti Vietnam.
La sua riforma non serve a far cassa?
E a proposito di catasto, Draghi dovrebbe spiegare se, come dice, la sua riforma non serve a far cassa, perché quella sua dichiarazione nell’ultimo «question time» alla Camera: «applicare imposte su valori vecchi non ha senso» e perché insiste che la tassa sugli immobili si basi sul valore di mercato che varia e non sulla rendita che è costante. E soprattutto, minacciando, se non accontentato, di lasciare.
E se col covid, chi contestava il green pass era un «no vax», chi oggi critica il catasto, viene accusato di lesa maestà. Perché «non è momento di ostacolare il premier». Che, però, con un dpcm il 2 marzo scorso – mentre i media erano impegnati a raccontare la guerra – ha eternizzato la «carta verde». Quella attuale alla scadenza sarà prorogata di 540 giorni, poi riprorogata per altri 540. E da qui, al controllo totale il passo sarà breve.
Certo per fronteggiare i rincari, ha stanziato 16 miliardi, abbassato al 5% l’iva per le utenze del gas e tagliato gli oneri di sistema nelle bollette. Non poco, ma insufficienti. L’economia – tra speculazioni dei mercati finanziari sanzioni e ritorsioni, caro materie prime e loro mancanza, inflazione che cresce, aziende che chiudono per non produrre in perdita, posti di lavoro che saltano – va a rotoli.
Il caro energia e il ministro Cingolani
E a proposito del caro energia, chi ci fa l’onore di leggerci, sa che la convinzione che gli aumenti fossero solo frutto della speculazione, l’abbiamo espressa più volte. Del resto l’esplosione dei prezzi energetici, è cominciato nell’ultimo trimestre 2021. Quindi, ben prima dell’invasione russa all’Ucraina.
Come mai il ministro Cingolani ci ha messo tanto a denunciarlo? Intanto, l’aumento del costo dei carburanti ferma, tir e auto e crea problemi ad aziende, commercio e famiglie. Come mai, non si pensa di cancellare, quel 55% di Iva e accise che pesa sul prezzo del carburante? Forse, perché consente allo Stato – ad ogni minimo aumento di costo di veder crescere – in maniera, tra l’altro, spropositata rispetto allo scatto – le proprie entrate fiscali, attribuendo la colpa alla speculazione finanziaria e il fio ai cittadini? Purtroppo, nell’Europa dei mercati, la finanza viene prima dei cittadini.