L’ultima multinazionale che ha scelto di lasciare è la Logista
Senza lavoro non c’è dignità. Un assunto semplice che però sembra non toccare politici e politicanti d’Italia, del Sud e della Campania dove si continua ad assistere all’emorragia di aziende che chiudono. I casi di Jabil e Whirlpool hanno fatto da apripista. La mancata soluzione della questione Ilva di Taranto e le altre.
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L’ultima multinazionale che ha scelto di lasciare la Campania è la Logista che ieri in una nota ha comunicato che nel deposito di Maddaloni «la cessazione delle attività è prevista entro il mese di ottobre 2022». Sul tavolo c’è il futuro di 104 persone. Ventiquattro che lavorano alle dirette dipendenze dell’azienda, che il management vorrebbe trasferire alla struttura di Anagni, e altre 80 in capo alla società G.L.D. che ha in appalto le attività di movimentazione interna.
Eppure da Roma e Palazzo Santa Lucia sembrano non arrivare segnali, a parte qualche messaggio estemporaneo che poi non trova riscontro. La regione però è afflitta da gravi problemi infrastrutturali da decenni, che uniti all’incremento delle materie prime, all’aumento dei costi per le bollette energetiche e all’elevato costo del lavoro e le imposte sempre in agguato, fanno un mix da paura che scoraggerebbero chiunque a investire al di sotto del Garigliano.
Gli interventi per arginare la crisi
L’investimento allora dovrebbe venire da parte pubblica su due fronti. Il primo, necessario in ottica futura, relativo alla realizzazione di infrastrutture per rendere i collegamenti finalmente efficienti. Basti pensare al porto di Napoli che non dà alla città quanto dovrebbe. Mal collegato e mal gestito, dovrebbe essere uno snodo fondamentale ma invece rappresenta un grosso punto interrogativo o all’aeroporto di Capodichino, o alla ‘meravigliosa’ stazione Tav di Afragola. Entrata in funzione da qualche anno, fino a ora si è rivelata completamente inutile perché una volta arrivati nella struttura firmata da Zaha Hadid si rimane completamente isolati e non si sa come tornare in città.
Nel frattempo però i politici spendono paginate e paginate di parole sui fantomatici fondi del Pnrr che se ben utilizzati potrebbero in futuro aiutare il rilancio dell’area. Senza contare i fondi strutturali europei del ciclo 2014-2020 che in buona parte non sono stati ancora spesi. Il secondo fronte riguarda l’immediato, le aziende, grandi e piccole, sono ben felici che s’investa per il futuro ma il loro problema è oggi.
Come pagare gli stipendi e le spese a fine mese. Sì perché tra bollette arrivate a rincari storici, tasse da pagare nonostante la chiusura per il Covid-19, per i costi elevati delle materie prime e quelli per sopperire la mancanza di collegamenti veloci con il mercato, le imprese faticano ad arrivare alla quadratura dei conti. Per sopperire servono interventi veri da parte delle Istituzioni, soldi che le aiutino a tirare avanti. Magari con il taglio delle accise sui carburanti e delle tasse. Perché va bene il futuro ma bisogna prima arrivarci.
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