Nel Mezzogiorno 5,3 dipendenti pubblici ogni cento abitanti
Nell’Italia che si prepara ad affrontare le sfide del post pandemia e del PNRR scopriamo che la Pubblica Amministrazione delle regioni del Sud non è proprio quella stracolma di giovani ‘clientes’ simpaticamente raccontata da Checco Zalone.
A descriverne la sua evoluzione, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo è l’occasional paper pubblicato dalla Banca d’Italia curato da Lucia Rizzica che disegna le differenze territoriali del pubblico impiego sia dal punto di vista della composizione che nella sua selezione.
Cosa scopriamo? La dotazione di personale pubblico in rapporto alla popolazione nel Mezzogiorno è diminuita in maniera consistente nel corso dell’ultimo decennio, passando da 6 a 5,3 dipendenti pubblici ogni cento abitanti, riduzione ben più marcata di quella osservata nelle altre aree.
Un risultato certamente frutto delle politiche restrittive avviate in Italia per affrontare la crisi del debito sovrano esploso nel 2010/2011 che, introducendo limiti al turn over e ancorando le capacità di assunzione di ciascuna amministrazione alle proprie condizioni di bilancio ha, implicitamente, generato maggiori restrizioni al Meridione.
Analizzando il tasso di turnover effettivo, cioè il rapporto tra nuove assunzioni e cessazioni, si rileva così che l’enorme divario cresciuto nel periodo tra il 2001 e 2018, tra il Nord, dove per 10 dipendenti andati in pensione ne sono stati assunti almeno 9, ed il Sud dove per 10 dipendenti cessati ne sono stati assunti poco più di 6. Discorso a parte per le regioni del Centro che rimangono quelle con un numero di dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione più alto, dal momento che ospitano la maggior parte delle amministrazioni centrali.
La Pubblica Amministrazione principale datore di lavoro
Più in generale, l’analisi condotta da Bankitalia mostra come la PA continua ad essere il principale datore di lavoro, con circa 3,3 milioni di addetti, pari al 14 per cento del totale degli occupati, con punte del 20% in Sicilia e in Calabria, e del 10% in Veneto e in Lombardia. Tuttavia, se si considera il numero di dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione residente invece che agli occupati il quadro che ne emerge è sostanzialmente diverso e il divario Nord-Sud decisamente mitigato.
Sotto il profilo qualitativo lo studio ha analizzato la platea del pubblico impiego sotto diverse dimensioni. Per quanto riguarda il contributo femminile, nel Nord oltre due terzi dei dipendenti pubblici sono donne, mentre nel Mezzogiorno la quota si attesta al 55 per cento, differenza che si spiega solo in parte col più elevato tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro nelle regioni settentrionali.
Ma è anche un bacino di lavoratori sostanzialmente più vecchi quello al Sud dove la quota di dipendenti con più di 50 anni supera quella del Nord di circa 10 punti percentuali. Una differenza che risente del tasso di ricambio del personale, che come descritto prima, ha penalizzato maggiormente la PA del Mezzogiorno.
Il livello d’istruzione
Per quanto concerne il livello d’istruzione, la ricerca condotta da Banca d’Italia, pone in evidenzia un tasso di partecipazione di laureati nel pubblico impiego intorno al 30%, di gran lunga più elevato rispetto ad altri ambiti occupazionali. Anche in questa dimensione emerge uno significativo divario tra le regioni del Sud e del Nord.
Diversi i fattori determinanti, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Una domanda, quella del Sud, condizionata comunque dalle condizioni di bilancio dei rispettivi enti, dove spesso le scelte ricadono sui profili dal basso contenuto tecnico/professionale per evidenti limiti economici. Allo stesso tempo l’offerta di lavoro specialmente più qualificato risente del fenomeno migratorio, già nel periodo di studi universitari, privilegiando le amministrazioni settentrionali in grado di offrire, oltretutto, una qualità della vita superiore.
È indubbio, alla luce di quanto emerge dalla lettura di questi elementi, che enorme dovrà essere lo sforzo della Pubblica Amministrazione delle regioni meridionali per poter sfruttare appieno i vantaggi proposti dal PNRR, tenuto conto che a fronte delle decine di migliaia di dipendenti cessati nell’ultimo decennio, solo poche centinaia sono gli esperti che dovrebbero supportare gli Enti nella realizzazione dei relativi progetti.
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