Sono ritenute legate a un’organizzazione di narcotrafficanti transnazionale
La spedizione di un ingente carico di stupefacenti, precisamente cocaina, ben 600 chilogrammi, dal Paraguay all’Italia salta perché al pilota dell’areo privato scelto dai corrieri italiani per il trasferimento è scaduta la licenza di volo e serpeggia il timore fondato che i committenti albanesi possano vendicarsi anche nei confronti dei loro familiari. Hanno vissuto giorni d’inferno la scorsa estate i componenti della diramazione italiana dell’organizzazione transnazionale di narcotrafficanti che su incarico dei committenti albanesi curava l’importazione della droga in Italia attraverso voli privati.
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Ma sono sempre più raffinate anche le tecniche di comunicazioni utilizzate dai narcotrafficanti per organizzare le spedizioni di droga: emerge dall’inchiesta del Gico dei Nuclei di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e Salerno che venerdì scorso, coordinati dalla DDA partenopea, hanno arrestato undici persone ritenute legate a un’organizzazione di narcotrafficanti transnazionale con diramazioni in Italia e in Albania. Le intercettazioni ambientali e i colloqui registrati dagli investigatori hanno trovato ampia conferma nell’analisi delle chat sui cellulari sequestrati agli indagati.
I capi delle declinazioni italiana e albanese, infatti, hanno utilizzato esclusivamente l’applicazione «Signal» per comunicare e anche «ChatMail», particolarmente sofisticata, che consente di criptate «a monte» e «a valle» le comunicazioni con chiavi distinte e predeterminate, comunicate di persona agli interlocutori.
Nomi in codice per nascondere l’identità
I colloqui tra «Zeus» e «Ronaldo», nomi in codice di alcune persone ritenute ai vertici dei committenti albanesi, e i corrieri italiani capeggiati da Alberto Eros Amato, il 45 anni della provincia di Catania titolare occulto di una società svizzera di trasporto merci, la Gps spa Global Aviaton Supplier, per esempio, sono avvenuti con una doppia chiave asimmetrica «Tirane» e «Tirane11».
A curare quest’aspetto era Andrea Garofalo, 33 anni, anche lui destinatario di un provvedimento cautelare. Garofalo svolgeva la funzione di raccordo tra gli elementi di massimo spessore del gruppo albanese, non identificati e di cui si conoscono soli i nomi in codice (Ronaldo, Zeus o Tony) e il gruppo capeggiato da Amato