La quarta ondata fa paura. Il governo pensa a ridurre il green pass e subito via alla terza dose

di Dario Caselli

Nessuna volontà di accelerare su misure più rigorose. Per Speranza «l’evidenza scientifica è essenziale per assumere scelte, decisioni, orientamenti»

Nel giorno in cui l’Austria decide per il lockdown e l’obbligo vaccinale, ma dal prossimo anno, a Palazzo Chigi la parola d’ordine è prudenza ma attenzione altissima. Nessuna volontà di accelerare su misure più rigorose ma allo stesso tempo la consapevolezza che bisogna evitare di essere travolti da quanto sta accadendo in Europa. E questo perché la quarta ondata fa davvero paura e perché quanto sta accadendo alle porte del nostro Paese non può non essere preso in considerazione.

Per queste ragioni già la prossima settimana il governo dopo aver consultato il CTS dovrebbe decidere una serie di misure per mettere al riparo l’Italia. Si parla di un Consiglio dei ministri tra martedì e mercoledì. Si partirà probabilmente dalla riduzione della durata del green pass che da un anno scenderà a nove mesi, anche se qualcuno spinge per arrivare a sei mesi; poi il via libera alla terza dose per tutti già dopo 5 mesi dalla seconda inoculazione e, soprattutto, l’obbligo del vaccino per alcune categorie, prime tra tutte quelle a contatto con il pubblico: forze di polizia, dipendenti della Pubblica Amministrazione e professori.

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Queste le ipotesi su cui si sta lavorando al netto di ulteriori misure restrittive che soprattutto le Regioni ipotizzano per evitare il peggio. Una di queste, ad esempio, è di prevedere un super green pass per chi si vaccina o è guarito, per entrare in ristoranti, cinema e stadi, mentre chi fa il tampone potrà solo accedere ai posti di lavoro e ai servizi essenziali.

Più complicata, invece, la strada per l’introduzione dell’obbligo vaccinale. Franco Locatelli, coordinatore del CTS, sul punto ha spiegato che «si possono considerare forme di obbligo vaccinale per alcune categorie professionali, in particolare chi assiste o è a contatto con il pubblico, ad esempio forze ordine, dipendenti della pubblica amministrazione e insegnanti, pur essendo queste categorie connotate da un’alta percentuale di vaccinazione».

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Insomma, almeno per il momento la via austriaca, e cioè il via libera all’obbligo generalizzato, sembra essere escluso anche se dal mondo industriale il tema non è tabù

A spingere per tale ipotesi proprio il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ieri nel corso dell’assemblea di Assindustria Venetocentro ha chiarito che «Confindustria è sempre stata per l’obbligo vaccinale, abbiamo preso atto che la politica aveva difficoltà a trovare una sintesi su di un provvedimento così impattante dal punto di vista sociale, e per questo si è pensato al Green pass. Oggi l’Austria sta introducendo l’obbligo vaccinale segno che se non si comprende cosa vuole dire mettere in sicurezza la comunità poi arrivano i provvedimenti d’imperio».

Come detto, almeno per il momento, questo tema rimarrà fuori dal ventaglio delle scelte da operare. Ma l’attenzione resta altissima perché come dice lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, «siamo dentro una quarta ondata significativa e l’Italia non può pensarsi fuori da questa sfida e da questa dimensione. Noi stiamo un po’ meglio».

Da qui la conferma che «useremo il metodo che abbiamo sempre usato: due piedi piantati nell’evidenza scientifica, perché ci guida la scienza. L’evidenza scientifica è essenziale per assumere scelte, decisioni, orientamenti. Penso alla durata del Green pass, alla terza dose e alle misure che abbiamo deciso finora in Italia. E lo faremo confrontandoci con i territori».

La prossima settimana, quindi, sarà cruciale per capire come l’Italia intenderà affrontare questa quarta ondata, sperando che almeno stavolta non ne sia travolta.

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