Il tavolo richiesto dal Pd in realtà punta a blindare la scelta del nuovo inquilino del Quirinale
Ha iniziato ieri in Senato il suo cammino la prima legge di Bilancio targata Mario Draghi. Così con soli due giorni di anticipo rispetto alla scorsa manovra, l’ultima del governo giallorosso di Giuseppe Conte, ha preso avvio ufficialmente la sessione di bilancio che con calendario alla mano dovrebbe chiudersi a ridosso della pausa natalizia.
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Infatti, sulla base delle precedenti esperienze le ipotesi sono che l’esame in Commissione Bilancio durerà almeno fino a metà dicembre, per poi trasferirsi in Aula dove il voto finale dovrebbe esserci tra il 22 e il 23 dicembre. Insomma, giusto in tempo per il Natale. La palla poi passerà alla Camera dei deputati dove il via libera definitivo dovrebbe essere intorno al 30 dicembre.
Questo il timing al netto di incidenti, sempre possibili, ma che potrebbero rivelarsi pericolosissimi visto che con tempi così stretti porterebbero dritti all’esercizio provvisorio. È scontato dire che l’approvazione sia al Senato e sia alla Camera sarà attraverso il ricorso al voto di fiducia proprio per ridurre al minimo i tempi e anche le sorprese tra un voto di un emendamento e un altro.
Il che porta anche a considerare che gli spazi di manovra per i parlamentari per introdurre modifiche saranno molto limitati. Voci di corridoio parlano in tutto di 600 milioni a disposizione delle richieste di senatori e deputati. Una sorta di contentino tanto per dare l’impressione agli stessi parlamentari di aver partecipato alla formazione della legge di Bilancio. Ma la verità è che per Draghi la manovra è bella che fatta e che soprattutto l’impianto con gli assi portanti non dovranno essere toccati.
Il fastidio dalle parti di Palazzo Chigi
Questo spiega perché l’idea lanciata da Enrico Letta di un tavolo di maggioranza sulla manovra sia stata vissuta con un certo fastidio dalle parti di Palazzo Chigi. Fastidio misto anche al timore che quel desco possa diventare l’occasione per dare libero sfogo alle pretese dei vari partiti e smontare la finanziaria. Al momento però si tratta soltanto di un timore visto che il tavolo ancora non si è riunito e che le stesse forze politiche sono soltanto alle frasi di circostanza. Nessun invito ufficiale è stato diramato e nemmeno c’è idea di quando e dove si incontreranno i leader.
Anzi per il momento si registra la defezione di Matteo Renzi che ha bollato il tavolo come «un’idea sbagliata» soprattutto perché legherebbe, secondo il senatore di Rignano, la manovra all’elezione del presidente della Repubblica. Infatti, la sensazione però è che Letta con questa iniziativa abbia voluto piuttosto preparare il terreno in vista delle elezioni del Capo dello Stato. Il no di Mattarella a un bis sul Colle, le troppe incertezze sul trasloco da Chigi al Quirinale di Mario Draghi avrebbero imposto al segretario del Pd di fare la prima mossa, per evitare di trovarsi a dover giocare a breve la partita in difesa e soprattutto in inferiorità numerica.
Eh sì, perché il vero timore, anzi il terrore, dalle parti del Nazareno è quello di non poter dare le carte in questa occasione con il rischio di veder salire al Quirinale un esponente non vicino al partito. Questo unito alle voci di un Berlusconi sempre più impegnato nella sua personale campagna di adesione per l’ascesa al Colle hanno fatto il resto, spingendo Letta a fare la prima mossa.
Comunque, il Colle rimane sullo sfondo perché per ora la priorità è chiudere la manovra senza sorprese
Come detto poco sarà concesso ai parlamentari sia in ordine ai soldi e sia alla discussione stessa. Il ritardo con cui è arrivata la legge di bilancio non consentirà un esame approfondito e questo in particolare significa che tutto sarà deciso a Palazzo Madama. Ecco perché ciascun gruppo si è organizzato in un team misto di deputati e senatori per esaminare la manovra e presentare le proprie proposte.
Il Pd, ad esempio, guarda al superbonus 110 per cento con l’obiettivo di introdurre modifiche che riducano l’impatto burocratico voluto da questa manovra e che rischia di frenare il ricorso alle agevolazioni. Stesso discorso per il M5S che fa del superbonus un punto centrale delle sue richieste insieme alla difesa del reddito di cittadinanza.
Lega e Forza Italia mandano segnali al ‘popolo delle Partite Iva’
Sul fronte del centrodestra si guarda con attenzione alle misure per gli autonomi ed i professionisti, il cosiddetto ‘popolo delle Partite Iva’ al quale sia Lega e sia Forza Italia vogliono mandare segnali ben chiari di sostegno. Inoltre, dalle parti del Carroccio si spinge anche per l’introduzione della flat tax con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale. Comunque oggi Forza Italia terrà una conferenza stampa per presentare le sue proposte di modifica.
Dall’opposizione, Fratelli d’Italia con il capogruppo Luca Ciriani da un lato chiarisce che se invitati al tavolo sarebbero disponibili a partecipare, «noi non ci siamo mai sottratti al confronto, ma al momento non c’è stato alcun invito», e dall’altro continua a insistere sulla questione dei tempi: «Chiediamo che almeno al Senato sia consentito un confronto aperto nel merito, che si possano discutere gli emendamenti. Se il governo intende strozzare il dibattito e porre la fiducia saremmo di fronte a un ennesimo atto di arroganza».
In realtà la strada sembra già tracciata, l’unica incognita è se e quando questo tavolo dei partiti sulla manovra si riunirà. Ma su fiducia e limiti all’esame di merito non sembrano esserci dubbi, sarà una marcia a tappe forzate. Con tanti saluti al bicameralismo e alla repubblica parlamentare.
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