La debolezza dell’Europa: aiuti senza condizioni al governo talebano dell’Afghanistan

di Eugenio Preta

Da una parte non riconosce il governo dei talebani, dall’altra decide di inviare comunque in Afghanistan aiuti per un miliardo di euro

Sempre in linea con la vocazione caratterizzata dalla generosità umanitaria – con i soldi degli Stati nazionali però – Bruxelles ha annunciato un piano straordinario di aiuti per l’Afghanistan. Strana attitudine quella dimostrata dai capi di Stato e di governo del Consiglio europeo che, se da una parte non riconoscono il governo dei talebani, dall’altra decidono di inviare comunque in Afghanistan aiuti per un miliardo di euro.

L’Occidente, dopo lo smacco del ritiro dei soldati americani, continua così a crogiolarsi nell’ipocrisia. Dice di non volere riconoscere il regime talebano fintantoché non rispetterà i diritti fondamentali, ma  decide di inviare comunque fondi alle organizzazioni internazionali presenti sul posto, il tutto per la gioia dei talebani, felicissimi di non dover poi rendere conto degli aiuti ottenuti confrontandosi direttamente con i governi benefattori e convinti di aver trovato i buoni samaritani che si occuperanno dei bisogni della loro popolazione. I presunti liberatori raggiungono così il duplice scopo di insediarsi stabilmente nel governo di Kabul e di non dover preoccuparsi dei problemi di intendenza, lasciati quelli alla benevolenza occidentale

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Aiuti congelati finché il regime non avrà dimostrato di rispondere ai requisiti

L’Unione europea comunque ha deciso di congelare gli aiuti diretti ai bisogni post-occupazione finché il regime non avrà dimostrato di rispondere ai requisiti richiesti quali il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare i diritti della donna, e la costituzione di un governo inclusivo che permetta una parvenza di legalità e la distribuzione degli aiuti umanitari. Come accade ormai sovente, l’Occidente dimostra al mondo di essere dotato di grande fiducia (o di grande stupidità o di entrambe le cose) per credere che i talebani accetteranno principi che in effetti non fanno parte della loro patrimonio etnico-culturale.

Il governo talebano non prova alcuna remora a ricattare i paesi occidentali minacciando, al pari del turco Erdogan, di aprire i cordoni dei flussi migratori se l’Occidente non sospenderà le sanzioni economiche decise contro l’Afghanistan e se non permetterà alle banche di riprendere a funzionare normalmente per consentire alle organizzazioni governative di pagare il salario del personale direttamente con i fondi dell’aiuto internazionale. Del resto, perché esitare dal momento che le potenze occidentali hanno condannato il regime soltanto a parole e gli hanno permesso di installarsi in maniera stabile a Kabul?

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La minaccia di flussi migratori incontrollati

Mentre la presidente Von der Leyen annunciava la concessione degli aiuti umanitari all’Afghanistan, i responsabili dell’Unione e degli Stati Uniti si riunivano in Qatar con i dirigenti talebani che sollecitavano il sostegno politico ed economico dell’Occidente giocando sulla minaccia di flussi migratori incontrollati e sui sentimenti umanitari degli occidentali, ben sapendo che l’Europa è più incline a mostrare i suoi muscoli piuttosto che a combattere veramente e che gli Stati Uniti, da parte loro, hanno dimostrato la loro debolezza e legittimato la vittoria talebana ritirandosi ignominiosamente dal Paese.

I talebani così sono vincenti su tutto lo scacchiere: riescono ad ottenere i finanziamenti per i loro bisogni interni e sanno bene che, all’esterno, i nuovi migranti saranno ben accolti, con la possibilità, oltretutto, di infiltrare in Occidente persino cellule islamiste dormienti. Convinti di essere dalla parte della ragione, i nuovi padroni dell’Afghanistan hanno soltanto disprezzo per i loro interlocutori occidentali: pretendono infatti gli aiuti ma, in cambio, non sono disposti ad alcuna concessione. Una tracotanza insopportabile la loro, che deriva direttamente dalla comprovata debolezza di questo nostro Occidente.

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