Le parole del 38enne accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, precipitato nel vuoto venerdì scorso a Napoli
«Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone …. giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo…». Queste sono le parole da brividi pronunciate da Mariano Cannio, il 38enne accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, subito dopo essere stato rintracciato dalla Polizia di Stato e condotto davanti agli inquirenti dove rende sommarie informazioni circa l’accaduto.
Successivamente, ma qualche ora più tardi (poco prima delle 21 di venerdì 17 settembre, ndr), in presenza dell’avvocato d’ufficio, Cannio rettifica in parte le sue dichiarazioni e tentando di giustificare il gesto con un ‘capogiro’: «…fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto». «Sono fuggito a casa – ha poi aggiunto – e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità».
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