Partiti annichiliti dalla paura di perdere scranni e privilegi. Draghi decide per una partita di giro e per la Cei è «l’uomo della provvidenza»
«Draghi funziona perché non va in tv» parola di Feltri. Vero! Evitando i dibattiti tivvù non è costretto a rispondere a domande politicamente «intriganti», non si sbilancia, «nun se fa rièbbete ca vòcca» e neanche troppi nemici.
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Sa bene che – potendo contare sull’appoggio dell’«uomo del colle», delle Banche centrali, dell’Ue, della «buona stampa» che lo accompagna sin dall’inizio e dovendo vedersela con un Parlamento e forze politiche di maggioranza che, annichilite dalla paura di perdere lo scranno, anche se urlano, per fingere di esserci, non ci sono – alla fine sarà sempre lui a decidere.
Di più, sottraendosi a passerelle show, può scrollarsi l’ingrato compito di riconoscere – magari soltanto per un briciolo di onestà intellettuale – che con la crescita, teoricamente «travolgente», rispetto a quella degli altri Europaesi, del Pil italiano post-covid, il suo governo c’entra, si, ma poco. Perché noi siamo quelli che in piena pandemia – tra lockdown, chiusure, restrizioni generalizzate e domiciliari per tutti – hanno perso di più.
Sicché, la base di calcolo del nostro tasso di ripartenza è decisamente più bassa e, quindi, la percentuale di crescita risulta più alta, rispetta a quelli che, prima, hanno perso di meno. Ma nessuno lo dice.
Cosicchè, può continuare a raccogliere applausi a scena aperta come il «salvatore della patria», per l’unico risultato concreto ottenuto ovvero l’inversione di marcia della vaccinazione anti-covid nel post-Conte e, per i «buoni propositi» e le scontatezze sull’uso delle risorse europee che «abbiamo il dovere di spendere in maniera efficiente e onesta», essere addirittura «segnalato» dalla Cei come l’«uomo della Provvidenza». Quasi che gli unici problemi di questo esecutivo fossero: vaccinazione e green pass. E il resto, tutto corollario.
Caro bolette, tutto rinviato al prossimo cdm
Non è un caso, che nel cdm di giovedi scorso, come succede da tempo ormai, si sia discusso solo di green pass per tutti e si sia rinviata al prossimo la predisposizione dell’ombrello per la bufera che sta per abbattersi (da ottobre il 42%, più il 20 di inizio estate, indica un + 62% in appena 6 mesi, tra 500 o 1300 euro annui, in valori assoluti, secondo Codacons e Assoutenti) sulle bollette di luce e gas.
Se ne parlerà, quindi, mercoledì, ma si tratterà dell’ennesima «presa», pardon: «partita di giro». Scorporeranno i cosiddetti «oneri di sistema» (balzelli a sostegno di rinnovabili e nucleare, per oltre il 30% dell’importo complessivo fatturato) e ce li faranno pagare con la fiscalità generale. Insomma «scarta frùscio e piglia primèra». Purtroppo, i 9 miliardi per evitare la stangata, non ci sono. Anzi, servono a foraggiare il reddito di cittadinanza. E in giro ci sono sempre 60 milioni di cartelle destinazione contribuenti.
Un film già visto e rivisto tantissime volte
La sensazione, detto con estrema franchezza, è di trovarci di fronte ad un film già visto e rivisto tantissime volte, ma con una notevole accelerazione dal 2011 ad oggi. Con un Paese commissariato da pseudo tecnici – solo perché non eletti, ma tutti forniti di «green pass» esteso Pd ex Dc e rapporti privilegiati con i media – all’unico scopo di rinviare il ricorso alle urne, scongiurare il voto e impedire, una possibile vittoria del centrodestra e magari, nel caso, provare a rimettere ordine nei conti pubblici: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, ma la situazione delle casse statuali italiane non è certo migliorata.
E non è detto che stavolta vada meglio solo perché a palazzo Chigi, c’è SuperMario. Anzi.Le grandi riforme: Giustizia, Fisco, concorrenza, ecc., sono ancora in via discussione; il piano di attuazione del Pnrr e l’apertura dei cantieri aspettano ancora le centinaia di decreti attuativi e la «corsia preferenziale ultrarapida» per l’approvazione dei progetti infrastrutturali, le nomine per i singoli cantieri e quella per la commissione di controllo (via), per gli impatti ambientali (40 tecnici) e il consiglio superiore dei lavori pubblici (29). Il tutto da fare in 3 o 4 mesi.
E genete conto che l’erogazione delle rate, volta per volta, dipende dalla realizzazioni progettuali messe a punto. E, a proposito, entro il 31 dicembre, bisognerà approvare anche la legge di bilancio 2022.
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