Riabilitazione del Sud in tempi di pandemia con la cura Ascierto e «Terronia Felix»

di Tony Fabrizio

Abbiamo assistito al miracolo della cura Ascierto, applicata anche a Milano dove i soliti quattro galli – a loro dire – erano arrivati prima

Chi lo avrebbe mai detto che il 2020, iniziato in maniera normale, qualunque e ripetitiva di lì a poco avrebbe totalmente sconvolto le nostre abitudini, la nostra quotidianità, forse in maniera permanente? Chi lo avrebbe mai detto che in questo 2020 bisesto, funesto e da dimenticare avremmo assistito ad una riabilitazione del Sud?

In pieno “sbandamento” da Covid l’Ospedale Cotugno di Napoli è assurto agli onori della cronaca e dell’antologia medica quale modello mondiale di cura grazie alla stampa estera che veniva a prendere lezioni a Napoli mentre, per mano dell’informazione locale, andava in scena il disinteressato, perché al contrario interessato, “sputtaNapoli”.

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Abbiamo assistito al miracolo della cura Ascierto che con magnanimità – com’è giusto che sia – è stata applicata anche a quella Milano da dove i soliti quattro galli erano arrivati prima. Ma forse si erano solo dimenticati di dirlo. Abbiamo assistito alla nascita del panaro solidale quale espressione della fraternità umana che a Napoli aveva già dato luogo al secolare caffè sospeso.

Abbiamo assistito alla protesta di piazza che ha visto Napoli capofila e capitale spirituale del malcontento verso una classe dirigente municipale, regionale e nazionale che adotta(va?) misure “sanguinarie” e che si fatica(va?) a capire cosa c’entrassero con l’emergenza sanitaria in corso. O meglio, nel caso specifico della Campania, emergenza ospedaliera cui si potrebbe dare un nome, un cognome, un principio e – auspichiamo – anche una data di scadenza.

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Terronia Felix di Marina Salvadore

In questa Babilonia ad ogni livello, da cui riesce ad emergere chi da 2495 anni «se fa sicco ma nun more», vede la luce il capolavoro del “gOrgoglio merdionale” della scrittrice e saggista nazional-sudista Marina Salvadore: Terronia Felix, un pamphlet, un diario di bordo, un tazebao di pucundrie dedicato, con qualche bacchettata agli ignavi autoctoni, ai tanti napolitani “ingiustiziati” dai luoghi comuni, dalla Storia al Potere, vittime della criminalità organizzata gestita dall’invidia di pochi scaltri rampanti senza spessore e onore.

Un atto d’amore per Napoli e per quel Sud sempre più insudiciato ad appannaggio di quel nord verso cui non prova avversione né risentimento. E come potrebbe? La Salvadore, infatti, nasce a Napoli in pieno boom economico da genitori profughi istriani ed acquisisce immediatamente gli oneri e gli onori delle Due Sicilie e delle Tre Venezie. Padre napoletano, madre croata, nonno paterno piemontese d’Asti coniugato ad una calabrese discendente dai Ruffo di Calabria.

Non è un caso, dunque, se la prefazione di questo zibaldone è affidata al mitico saggista calabrese Nicola Zitara e la postfazione all’accademico istriano napoletano dei campi IRO e canadese di vita Claudio Antonelli, la sua biografia all’eccellente borbonista Paolo Cozzolino e le vignette a corredo dei feuilleton al “serenissimo” Paolo Sceichian.

Uno spaccato tipico e topico che rende “anomala” questa sua ultima opera

Dopo tanti lavori impegnati e premiati, l’autrice, allieva del compianto mai abbastanza gigante napoletano della comunicazione Pietrangelo Gregorio, ci presenta uno spaccato tipico e topico che rende “anomala” questa sua ultima opera.

Lo stile che la contraddistingue presenta raramente toni lirici e seriosi a vantaggio di uno stile canzonatorio e un ritmo da tammurriata con chiave ironica e spensierata da far pensare e pesare le verità scomode ivi contenute e cantate con la gradevolezza di un mandolino: penso, ad esempio, al capitolo in cui narra di ciò che al Nord si chiama ricchezza al sud diventa monnezza, o alle bandiere che sventolano a mo’ di mappina in due mondi sottosviluppati eppure ed oppure sviluppati sotto.

Un eccellente libro impegnato e impegnativo per chi vuole riflettere su chi siamo stati e chi, purtroppo, ci ritroviamo ad essere, della nostra condizione attuale, locale e nazionale, irriverente e divertente in questo clima di isolamento domiciliare forzato, ilare e spensierato per chi vuole chiudere la porta sull’attuale condizione imposta ed esposta, formativo perché informativo persino sui banchi di scuola.

Un saggio meridionalista con una casa editrice di Torino

Un inno a quel Sud, a quella Terronia che, dalla scuola medica salernitana, fino ai tempi di critica per le vittorie calcistiche del Napoli e per la sconfitta di Maradona che per i napoletani, non solo tifosi, non è mai morto, continua a fare scuola e che, instancabilmente continua a “sfornare” eccellenze: dallo scienziato Giulio Tarro a “Publio Cornelio Scipione Contrada”, da Padre Giuseppe Rassello, a l’”Archimede napoletano”, fino al “medico-liberatrice” Agnesina Beatrice Pozzi.

E non è da meno la stessa autrice Marina Salvadore, capace, grazie alla sua napoletanissima cazzimma di pubblicare un saggio meridionalista con una prolifica casa editrice di Torino, laddove… manco Garibaldi ed i suoi Mille poterono.

Il volume che rende e tende giusta ingiustizia al politically correct, che chiama le cose con il proprio nome proprio per chi ama, in barba alle libertà costituzionali conquistate e in ossequio ai DPCM dell’attuale governo che ha visto la chiusura dell’”officina culturale” partenopea di Port’Alba è acquistabile anche on line sul sito della casa editrice Robin Edizioni, su Amazon, IBS e Libreria Universitaria.
E Mega…ride!

Setaro

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