Afghanistan, un problema in più per l’Italia. Non si può certo chiudere le porte a donne e bambini e a quelli che, per aver collaborato con noi, ora sono a rischio
L’estate sta finendo. È stata bollente, ma l’autunno in arrivo, viste le questioni sul tappeto, rischia di essere addirittura torrido per Draghi. Martedì il ministro degli esteri Di Maio – “paparazzato” in costume da bagno proprio mentre Kabul cadeva nelle mani dei talebani – e quello della difesa, Guerini saranno auditi dalle commissioni congiunte esteri e difesa di Camera e Senato, sugli sviluppi della situazione in Afghanistan.
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A conferma che per noi, quello afghano, è un problema in più. Se non altro per le conseguenze che potranno derivarne sul fronte dell’immigrazione, in Italia già a livello di guardia. Ma non si può certo, dopo aver consentito l’ingresso a irregolari e clandestini, chiudere le porte a donne e bambini e a quelli che per aver collaborato con i nostri soldati ora sono a rischio talebani e costretti a fuggire dal terrorismo dei miliziani.
Che dopo aver assicurato moderazione e non vendette, hanno ricominciato a sparare sulla folla, abbattuto statue e ribadito che il «sistema politico in Afghanistan sarà solo la Sharia». A dire il vero che gli Usa volessero lasciare l’Afghanist si sapeva da tempo e non ci si può non chiedere, perché i leader europei abbiano deciso, soltanto dopo che i buoi sono scappati, di provare a chiudere la stalla? Perché, tra tecnicismo e intelligenza politica c’è l’abisso.
La riforma della giustizia, della concorrenza, del fisco e le altre
Ma, a infiammare l’autunno, anche le riforme che ci siamo impegnati a realizzare per ricevere – seppure a mano a mano che riusciremo a raggiungere gli obiettivi prefissati – gli altri 166mld di Recovery. A cominciare dal «si» del Senato all’approvazione della riforma della giustizia, poi concorrenza e fisco che, in realtà, stante agli accordi, avrebbero dovuto essere state già approvate, ma sono slittate a settembre.
Sarà poi il turno del dl Semplificazione, del Reclutamento dei 500 professionisti per la governance del Pnrr. E ancora: cybersecurity, P.A., messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole, l’internazionalizzazione delle Pmi, gli investimenti in transizione ecologica 4.0. E via via gli altri. Sono, infatti, ben 51 i provvedimenti da adottare entro il 31/12/21 per poter ricevere a quella data, il primo rimborso di 24,1 miliardi. Cosa obiettivamente non facile. Perché a quella scadenza mancano poco più di 90 giorni, festività natalizie comprese.
E, nonostante le chiacchiere e l’annuncio del patto Cav-Salvini, l’armata dragoniana non brilla certo per compattezza. Di più, elezioni amministrative e suppletive (Letta spera di tornare in Parlamento da Siena) a settembre che saranno sicuramente improntate, oltre che sul Pnrr, su questioni altamente divisive quali: modifica del Reddito di cittadinanza, Ius Soli e dl Zan, sulle quali la maggioranza è già divisa trasversalmente al proprio interno. E non dimentichiamo che le polemiche – in termini di immigrazione e il ventennale fallimento dell’intervento militare di Usa e Ue – sugli avvenimenti in Afghanistan, rischiano di produrre ulteriori crepe nei suoi muri portanti.
La finanziaria da approvare entro il 2022
E, a rendere l’atmosfera autunnale ancora più bruciante, collaborerà anche il fatto che, come sempre, entro fine anno, bisognerà approvare la finanziaria 2022 che – nonostante i 200miliardi europei – giocherà un ruolo importantissimo sul futuro del Paese. È proprio dalla legge di bilancio, infatti, che dovranno venire i fondi per aiutare imprese e lavoratori a superare le difficoltà con l’alleggerimento fiscale e le modifiche degli ammortizzatori sociali.
E dare un taglio alle bollette che, insieme ai fitti, si mangiano già quasi il 50% dei redditi familiari e con la revisione del catasto è in arrivo un’altra stangata sulla casa. Di conseguenza dovrà essere una manovra coerente con il Recovery e implementandolo, rendere possibili gli interventi previsti nel PNRR. Insomma, non ci potrà essere spazio per clientelismi, ma solo per progetti concreti e di spessore.
Speriando, naturalmente, che i partiti se ne rendano conto. Per fortuna che il semestre bianco, impedisce lo scioglimento delle Camere. Ma mentre noi continuiamo a sperare di poter «tornare a riveder le stelle» stanno per caderci addosso l’obbligo del vaccino e forse la terza dose.